La Chiesa cattolica ripudia il suo ruolo nel colonialismo
Chiesa e Missione Colonialismo
La dottrina che giustificava la colonizzazione "non faceva parte dell'insegnamento della Chiesa"
La Chiesa cattolica ripudia il suo ruolo nel colonialismo e chiede perdono
31 Marzo 2023
Articolo di Redazione
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L’impronta data da papa Francesco alla Chiesa cattolica si arricchisce di un altro tassello in linea con il sostegno più volte espresso alle popolazioni indigene, con il ripudio e la richiesta di perdono per gli orrori del colonialismo nei confronti delle popolazioni indigene, compiuti con il sostegno della Chiesa stessa.

Il 30 marzo una nota congiunta dei Dicasteri per la Cultura e l’Educazione e per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, diffusa dalla sala stampa della Santa Sede, afferma che la “dottrina della scoperta”, teoria usata nel XV° secolo per giustificare la colonizzazione europea dell’Africa e delle Americhe, “non faceva parte dell’insegnamento della Chiesa cattolica”.

Le “bolle papali” alla base di tale dottrina – le Bolle Dum Diversas (1452), Romanus Pontifex (1455) e Inter Caetera (1493), con le quali si facevano concessioni ai sovrani colonizzatori – non sono mai diventate magistero. “La ricerca storica dimostra chiaramente che i documenti papali in questione, scritti in un periodo storico specifico e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica”, afferma il Vaticano.

“Allo stesso tempo, la Chiesa riconosce che queste bolle papali non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni”. La Chiesa cattolica, precisa la nota, “è consapevole del fatto che il contenuto di questi documenti è stato manipolato a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro, per giustificare atti immorali contro le popolazioni indigene, compiuti talvolta senza l’opposizione delle autorità ecclesiastiche”.

“È giusto riconoscere questi errori, riconoscere i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene, e chiedere perdono”. La dichiarazione ufficiale ricorda inoltre l’esortazione fatta da papa Francesco nel corso del suo viaggio in Canada nel luglio 2022, quando, incontrando le comunità indigene aveva chiesto “perdono per il male commesso dai cristiani”.

“Mai più la comunità cristiana potrà lasciarsi contagiare dall’idea che una cultura sia superiore alle altre, o che sia legittimo ricorrere a modi di coercizione degli altri”, ribadisce oggi la nota.

Riguardo ai cosiddetti “popoli indigeni”, il documento sostiene inoltre che “la Chiesa ha acquisito una maggiore consapevolezza delle loro sofferenze, passate e presenti, dovute all’espropriazione delle loro terre, che considerano un dono sacro di Dio e dei loro antenati, e alle politiche di assimilazione forzata, promosse dalle autorità governative del tempo, volte a eliminare le loro culture indigene”.

La dichiarazione si chiude ricordando che “la solidarietà della Chiesa con i popoli indigeni ha dato origine al forte sostegno della Santa Sede ai principi contenuti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni”. E che “l’attuazione di questi principi migliorerebbe le condizioni di vita e aiuterebbe a proteggere i diritti dei popoli indigeni, oltre a facilitare il loro sviluppo nel rispetto della loro identità, lingua e cultura”.

Un richiamo oggi più che mai attuale che ribadisce l’impegno della Chiesa contro vecchie e nuove forme di supremazia, ribadito anche nel summit internazionale sul neocolonialismo (il 30 e 31 marzo) in Vaticano, dal titolo: Colonialismo, decolonizzazione, nuovo colonialismo: una prospettiva di giustizia sociale e bene comune.

 

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