Paul Kagame senza frontiere. Il presidente del Rwanda, dopo aver dispiegato truppe per combattere insurrezioni nel nord del Mozambico e nella Repubblica Centrafricana, si propone ora come paladino della lotta anti jihadista in Benin.

Sabato scorso ha incontrato a Cotonou il presidente beninese Patrice Talon e si è detto disponibile «a collaborare con il Benin per prevenire tutti problemi che si possono innescare intorno alle sue frontiere».

Il Benin dal 2021 ad oggi ha registrato una ventina di attacchi nelle regioni del nord a opera di gruppi jihadisti provenienti dal Burkina Faso e dal Niger.

Talon ha indicato che questa cooperazione con Kigali toccherà gli ambiti della gestione, della formazione e del dispiegamento congiunto di truppe, senza aggiungere altri particolari.

L’incontro tra i due uomini politici è stato definito dagli uffici stampa governativi un’occasione per la «ricerca di un partenariato strategico» in più settori, compreso quello della sicurezza. Si attendono sviluppi.

Nel frattempo va rilevato che Paul Kagame – già impegnato in un’opera pluridecennale per mantenere instabile il nordest delle Repubblica democratica del Congo e impossessarsi così di risorse minerarie strategiche – mette il naso anche in Africa occidentale. E lo fa su un tema – quello dell’offensiva jihadista che dal Sahel si propaga verso il Golfo di Guinea – che gli consente di mettersi in mostra come leader africano a tutto campo e di ottenere consensi e vantaggi sul piano internazionale.

E in questa maniera ottiene anche un altro risultato. Fa in modo che la comunità internazionale non ficchi troppo il naso nella “democrazia” rwandese: un regime con un uomo solo al comando, senza uno straccio di opposizione e con un controllo ferreo del Fronte patriottico rwandese, il partito-stato al potere dal 1994, su ogni segmento della società. (RZ)