Il presidente Julius Maada Bio (58 anni, del Partito del popolo della Sierra Leone – Slpp) correrà per un secondo mandato alle elezioni generali del 24 giugno. Lo ha stabilito ieri la commissione elettorale (Ecsl) approvando la sua candidatura.
A sfidarlo per la seconda volta (la prima fu nel 2018) – ha stabilito ancora la Ecsl – sarà l’ex ministro delle finanze e degli esteri Samura Kamara, 72 anni, esponente del principale partito dell’opposizione, il Congresso di tutto il popolo (Apc), al potere per un decennio sotto la presidenza di Ernest Bai Koroma (2007-2018), oggi tra gli implicati in una vasta inchiesta della commissione anticorruzione.
Kamara ha potuto presentarsi dopo che il 16 febbraio scorso l’Alta corte ha fatto cadere le accuse di appropriazione indebita di fondi pubblici nei suoi confronti.
A giugno 3,3 milioni di elettori sono chiamati a eleggere anche parlamentari, sindaci e consiglieri comunali. Sarà la quinta elezione dalla fine della brutale guerra civile, nel 2002. Le ultime tre hanno registrato un’alta affluenza, con un tasso medio di partecipazione dell’82%.
Ma la crisi globale sta colpendo duramente la popolazione – la metà dei 7 milioni e mezzo di abitanti vive sotto la soglia di povertà – che la scorsa estate è più volte scesa in strada per protestare contro il carovita.
Dal punto di vista politico la grande novità di queste elezioni sarà l’abbandono del sistema maggioritario a favore del proporzionale, una modifica alla legge elettorale voluta dal presidente Bio e aspramente contestata dall’opposizione.
A mettere la parola fine su mesi di proteste e ricorsi dell’Apc è stata il 27 gennaio la sentenza della Corte suprema che ha stabilito la legalità e la costituzionalità dello svolgimento di elezioni con il sistema di rappresentanza proporzionale.
La nuova legge prevede, tra l’altro, che il 30% dei 146 seggi in parlamento sia occupato da donne. Attualmente sono solo 18 le legislatrici donne e soltanto 4 tra i 32 membri del governo Bio.
Altra novità rispetto alle precedenti elezioni è il divieto imposto dal governo ai partiti, di organizzare comizi e incontri di chiamata al voto nelle strade, una tradizione che ha caratterizzato per decenni le campagne elettorali nel paese dell’Africa occidentale. In base alle nuove regole, gli eventi delle campagne dovranno svolgersi tutti in un unico luogo, come uno stadio o un centro comunitario.