Famosa è rimasta l’esortazione di don Tonino Bello, nell’intervento del 1989 a un incontro di Pax Christi a Verona, quando parafrasò la beatitudine evangelica tuonando: «In piedi costruttori di pace!». Nella visione di don Tonino, infatti, “beato” è colui che sta in piedi, vittorioso come Cristo risorto e come i santi dell’Apocalisse: “Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello”.
Lo spirito di don Tonino Bello è risuonato anche nelle parole pronunciate da mons. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, nell’eucaristia per i 30 anni dalla scomparsa del “vescovo degli ultimi” presieduta nella cattedrale di Molfetta lo scorso 20 aprile: «La pace più che un vocabolo è un vocabolario – ha detto Zuppi citando don Tonino, oggi venerabile – ricordando che il fiume della pace si nutre di affluenti e sfocia in estuari che hanno nomi impegnativi e profondi come disarmo, economia di giustizia, salvaguardia del creato, legalità e democrazia, diritti umani, nonviolenza, partecipazione, rispetto delle persone, beni comuni».
Anche papa Francesco, nel 2018, aveva voluto compiere una visita pastorale ad Alessano, luogo di nascita di don Tonino, nella diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e a Molfetta, nella diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi dove aveva esercitato il suo ministero. Questo dopo 25 anni dalla sua morte prematura nel 1993, a soli 58 anni. Confermava così non solo la personale stima per il “vescovo degli ultimi” ma anche per sostenerne la crescente fama di santità.
Nel suo intervento il pontefice aveva messo in risalto il fatto che don Tonino ha saputo imitare Gesù avvicinandosi ai poveri e invitando i battezzati ad essere “contempl-attivi”, capaci cioè di azione e contemplazione. Un pastore da sempre allergico a titoli e onori, e convinto che la pace va costruita a partire da casa, in strada, nelle botteghe, dove le persone vivono e lavorano, promuovendo la dignità di tutti invece del profitto.
Chi ha avuto la fortuna di incontrare e conoscere don Tonino sa bene quanto egli fosse determinato nell’esortare tutti a costruire ponti di incontro e a distruggere i tanti muri di oggi, così da realizzare l’auspicata riconciliazione ovunque sulla terra, uscendo da sé stessi per prendersi cura di chi vive non solo nelle periferie geografiche ma anche esistenziali.
I grandi temi globali della pace, del disarmo e dell’incontro tra i popoli erano per don Tonino, di cui è in corso la causa di beatificazione avviata nel 2007, gli ambiti che sentiva in modo più intenso, mentre portava avanti dal 1982 la cura pastorale della sua Chiesa locale. Nel 1985 mons. Bello succedette a mons. Luigi Bettazzi come presidente di Pax Christi, il movimento internazionale per la pace.
Il vangelo è stata la strada che don Tonino la strada che ha seguito nel suo ministero, che lo vide diventare sempre più coinvolto nel dialogo personale con i poveri, i senzatetto, gli immigrati e tutti gli emarginati.
A Sarajevo 1992
Un costante impegno che raggiunse l’apice nella testimonianza che volle dare come testimone di pace nel 1992, quando guidò come leader spirituale la marcia per la pace a Sarajevo, martoriata capitale della Bosnia-Erzegovina, dove imperversava la guerra. Già colpito dal male, don Tonino sarebbe morto dopo pochi mesi dalla marcia con i 500 con lui a Sarajevo.
Ci ha lasciato l’originalità del suo linguaggio e della sua creatività pastorale e teologica. Tra le tante nuove espressioni formulate da don Tonino ne citiamo una che ci sta particolarmente a cuore: «Chiesa del grembiule», intendendo la vocazione basilare della Chiesa, cioè il servizio. Del resto lo stesso don Tonino disse che «il grembiule come unico abito sacerdotale registrato nel vangelo».
Proclamato “Servo di Dio”, don Tonino è stato definito in molti modi. Per Pax Christi è stato «il vescovo più straordinario e popolare che la Chiesa ha avuto dopo il Concilio Vaticano II». E ancora «un grande comunicatore di speranza, un acceleratore nel rinnovamento della Chiesa nel dopo concilio, capace di gesti forti e parole inequivocabili, che hanno sfidato le convenzioni e scosso le coscienze”. Pax Christi ama anche ricordarlo come «scrittore e oratore di spicco nel cattolicesimo italiano degli ultimi decenni, sempre e sostanzialmente ispirato dai valori di accoglienza e del vangelo, che per lui valeva più di qualsiasi altro riferimento».
Mons. Domenico Cornacchia, tra i successori di don Tonino, ha sottolineato le consonanze secondo lui evidenti tra l’amato vescovo e papa Francesco che, a inizio mandato, aveva esclamato: «Oh, come vorrei un Chiesa povera e per i poveri». E ha voluto fare memoria di quando, nel novembre 1984, nella cappella principale del Pontificio Seminario regionale, don Tonino, parlando con i sacerdoti della Puglia, fece uso per la prima volta dell’espressione «Chiesa del grembiule», che incarna il sogno di una Chiesa che tralascia i «segni di potere» in favore del «potere dei segni», come il grembiule, appunto, chiaro simbolo del servizio e della carità.
«Quell’immagine, e molti altri concetti a lui cari – concludeva mons. Cornacchia – si accompagnava alla profetica proposta di aprire le porte delle canoniche per accogliere i poveri e i senzatetto, scelte concrete riprese ed espresse in varie circostanze con semplicità e franchezza anche da papa Francesco nei suoi interventi».