Il leader dell’opposizione senegalese Ousmane Sonko condannato nel processo contro il ministro del turismo Mame Mbaye Niang.
Di nuovo.
Capita se uno fa appello, a cui di solito si ricorre per ribaltare la sentenza. In questo caso, però, l’appello l’aveva fatto il ministro Niang. Era rimasto insoddisfatto dalla condanna in primo grado inflitta a Sonko (due mesi di libertà condizionata e 300 mila euro di multe).
Prima ancora che il condannato riuscisse a fare appello, Niang lo ha bruciato sul tempo, trascinandolo di nuovo a processo per esigere una pena più pesante.
Nello specifico: il suo team di sette avvocati ha richiesto due anni di prigione e 29 miliardi cfa (circa 45 milioni di euro) di ammenda. Per un caso di diffamazione, si tratta di una cifra spropositata e simbolica. Ma non casuale. È la somma esatta che sarebbe stata intascata illecitamente dal ministro. Così almeno sosteneva Sonko, sulla base di un report, la cui ufficialità è negata dalle autorità senegalesi.
Accusa infamante, da lavare in tribunale, quindi. Se necessario con doppio lavaggio.
Il ministro Niang si ritiene soddisfatto ora che il suo accusatore ha ricevuto “solo” 6 mesi di libertà condizionale e la conferma della multa iniziale di 300 mila euro? Non ci è dato sapere.
Dal lato di Sonko, la condanna è stata del tutto snobbata. Derubricata a una macchinazione giudiziaria finalizzata a escluderlo dalle elezioni presidenziali di febbraio 2024. Da non meritare neanche lo sforzo di andare in tribunale o di inviare i suoi avvocati. E il giorno prima dell’udienza aveva esplicitato le sue intenzioni in un video sui social: «Ho deciso di smettere di collaborare con la giustizia e di presentarmi davanti a essa. Questo è il significato della disobbedienza civile».
La sua posizione ha raccolto il plauso di vari altri leader dell’opposizione, da Khalifa Sall a Aminata Touré. Un’opposizione abituata a fare i conti con la questione di incandidabilità e ineleggibilità. Prevedibilmente, è invece arrivata la reprimenda dal lato opposto, che accusa Sonko di voler manipolare piazza e opinione pubblica per sottrarsi alla giustizia.
Il nodo dell’ineleggibilità
Per ora Sonko ha dichiarato di non voler versare un centesimo dell’ammenda.
Ma, soldi a parte, rimane da vedere la famigerata questione dell’ineleggibilità. Un’eventuale condanna in cassazione, potrebbe farlo decadere dalla lista elettorale e quindi escludere il più importante leader dell’opposizione dalle presidenziali.
A ogni modo, per il terzo grado di giudizio c’è tempo. Ben più pressante è la questione dell’altro processo, in cui è imputato per stupro di una dipendente di una salone di bellezza a Dakar. L’accusato respinge le accuse e le considera politicamente costruite ad hoc.
La prima udienza è prevista per lunedì 16 maggio. Sonko non ha ancora fatto sapere se parteciperà o estenderà la disobbedienza civile a questo caso.
Le sue vicende giudiziarie avvengono in un clima di tensione sempre più teso, caratterizzato dall’ambiguità del presidente attuale Macky Sall riguardo ad una sua candidatura per un terzo mandato. La Costituzione senegalese ne consente solo due, ma Sall ha già fatto presente che una riforma costituzionale del 2016 gli permette di contare i mandati in modo differente.
Il neonato collettivo F24, che raggruppa partiti politici dell’opposizione (tra cui il Pastef di Sonko) e associazioni della società civile, scenderà in strada per la prima volta questo venerdì 12 maggio.