Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di maggio 2023
Caro padre Alex,
il pontificato di papa Francesco ha compiuto da poco i dieci anni. Tutto possiamo dire di Jorge Mario Bergoglio tranne che non stia tentando di cambiare la Chiesa. E, credimi, questo sentire non è limitato al mondo cattolico ma è condiviso da tanti cittadini del mondo che, pur laicamente, hanno a cuore le sorti di una istituzione così rilevante.
Papa Francesco vede la sua Chiesa accanto agli ultimi nelle periferie del mondo, non lesina critiche all’attuale modello economico-finanziario che causa disuguaglianza e ingiustizia strutturali (Evangelii gaudium) ed esorta a pensare al mondo come un tutt’uno, un progetto comune (Laudato si’). Nell’enciclica Fratelli tutti, il papa sottolinea che nel mondo-casa comune dobbiamo vivere tutti, compresi i migranti, come un’unica famiglia.
Ritieni, Alex, che i suoi insegnamenti stiano facendo breccia in quell’organismo variegato e talora lontano che chiamiamo Chiesa-istituzione? E la base cattolica in Italia pensi che sia dalla sua parte e disposta a rimboccarsi le maniche? (Massimo Cavone)
Stiamo celebrando i dieci anni di pontificato di papa Francesco. Mi azzardo a dire che il Signore, più che un papa, ha donato alla comunità dei credenti e a tutti un profeta. E ne avevamo e ne abbiamo veramente bisogno, anche perché è forse l’unico leader mondiale oggi.
Fin da principio, con l’intuizione di assumere il nome di Francesco, ha fatto comprendere quale direzione avrebbe preso il pontificato.
La prima cosa che ha deciso ed esplicitato subito dopo l’elezione è stata questa: voglio una Chiesa povera, che sappia camminare con i poveri e con la gente comune. Questa scelta lo ha portato a mettere progressivamente a fuoco e ad articolare una critica radicale del sistema economico-finanziario.
Nella prima enciclica, Evangelii Gaudium, papa Francesco dice chiaramente che questa economia, l’economia di oggi, uccide. Una presa di posizione che ha spaccato l’episcopato statunitense.
L’ispirazione a Francesco d’Assisi lo ha portato poi ad avere un’attenzione specifica per il Creato e dunque a regalarci la Laudato si’, seconda enciclica scritta nel terzo anno del suo pontificato.
Una enciclica che attendevamo da tanto tempo. Ci dice che insieme al grido dei poveri è necessario saper ascoltare il grido della Terra.
Fratelli tutti, il titolo della terza enciclica del 2020, è chiaramente una citazione di san Francesco che così si rivolgeva alla sua gente. Qui il tema della pace viene percorso in lungo e in largo e soprattutto esplorato nelle sue profondità. Per la prima volta un papa ha avuto il coraggio di mettere in crisi il concetto di guerra giusta che, nella teologia cristiana, stabilisce a quali condizioni sia lecito combattere una guerra.
In Fratelli tutti spicca questo passaggio: «Abbiamo dato un tale potere alle armi – batteriologiche, chimiche, nucleari – che oggi non si può più parlare di guerra giusta». E così archivia 1.400 anni di dottrina della Chiesa su questo aspetto. E, infatti, dare legittimità alla guerra giusta vorrebbe dire accettare la possibilità di causare l’inverno nucleare.
Ora tutto questo straordinario insegnamento di papa Francesco non sta passando alla base: questo è quello che vedo e che mi preoccupa di più. La Laudato si’ è un testo usato nelle università ed è oggetto di attenzione anche da parte del mondo laico. Ma non viene studiato e meditato nelle parrocchie, nella formazione dei preti, nella catechesi per i bambini.
Se guardo a come si muovono e a come reagiscono tanti vescovi e tanti sacerdoti, sembra quasi che l’enciclica non abbia nulla a che fare con la nostra fede.
Penso che se siamo arrivati a questo punto è perché in Italia e in Europa abbiamo bisogno di un nuovo annuncio del vangelo. Ci siamo illusi di essere diventati cristiani. Aveva ragione il filosofo Erich Fromm: abbiamo solo una verniciatura superficiale di principi cristiani, ma le strutture fondamentali di questa Europa sono rimaste profondamente pagane.
Siamo sull’orlo dell’abisso. O impariamo davvero a riconoscerci come fratelli o siamo destinati a sbranarci vicendevolmente. Il vangelo, come diceva il vescovo Pierre Claverie, ci indica una strada che è quella di un’umanità plurale.
Si tratta di tornare a evangelizzare questo continente, partendo dal basso.