È una follia omicida quella che nel 2022 ha spinto molti stati – in varie parti del mondo – ad applicare ed eseguire la pena di morte verso i propri cittadini. Ad usare il termine “folli omicidi” è Amnesty International che ha appena pubblicato l’ultimo report che da subito mostra la gravità della situazione. Soprattutto in certe aree del mondo.
Nell’anno a cui si riferisce il rapporto, infatti, si contano il maggior numero di esecuzioni giudiziarie a livello globale mai registrate dal 2017. Sono 20 i paesi noti per aver applicato la pena di morte e si deve sottolineare “paesi noti” poiché ci sono aree del mondo dove anche le esecuzioni sono coperte da segreto.
I carnefici più incalliti sono in Medio Oriente – l’Arabia Saudita ha giustiziato l’incredibile cifra di 81 persone in un solo giorno, ma anche le esecuzioni in Iran sono aumentate vertiginosamente – e in Nordafrica. Anzi, per chiarezza, in Egitto. In queste due aree le cifre registrate sono passate da 520 nel 2021 a 825 nel 2022.
Il totale delle persone giustiziate nel mondo è 883, con un aumento del 53% rispetto al 2021.
Ma questo picco di esecuzioni – spiega Amnesty – non include le migliaia che si ritiene siano state eseguite in Cina, ma anche in Corea del Nord e Vietnam, paesi noti per l’uso estensivo della pena di morte. Questo significa che la cifra globale reale è molto più alta.
Un dato molto particolare è quello che riguarda il numero di persone messe a morte per reati legati alla droga, numero raddoppiato (addirittura il 37% di tutte le esecuzioni) nel 2022 rispetto al 2021. E questo in spregio al diritto internazionale sui diritti umani, il quale afferma che le esecuzioni dovrebbero essere eseguite solo per i “reati più gravi”.
Africa subsahariana, esempio virtuoso
Veniamo nello specifico al continente africano. Il paese più colpito dalla follia omicida (di Stato) è l’Egitto con 24 esecuzioni accertate.
Ma è dall’Africa subsahariana che arrivano i maggiori segnali positivi e di civiltà rispetto ai passi che si stanno compiendo per abolire o limitare il ricorso alla pena capitale, estremo atto di disprezzo per la vita umana.
Nella mega regione le esecuzioni registrate sono diminuite del 67% e del 20% è la riduzione delle condanne a morte.
Esecuzioni sono state registrate in due paesi, Somalia e Sud Sudan, ma – anche in questo caso – con una tendenza alla diminuzione rispetto al 2021. Così come le condanne a morte – nonostante ne siano state registrate in 16 paesi – sono in calo.
Dei sei paesi al mondo che hanno intanto abolito la pena di morte, in tutto o in parte, quattro sono in Africa: Sierra Leone e Repubblica Centrafricana l’anno abolita per tutti i reati; mentre Guinea Equatoriale e Zambia l’hanno abolita solo per reati ordinari.
Uno slancio positivo che dovrebbe andare avanti con la Liberia e il Ghana che, intanto, hanno adottato misure legislative per l’abolizione della pena capitale.
Oggi sono 16 gli Stati subsahariani che non hanno più tale pratica nel loro ordinamento giuridico. Va specificato, comunque, che anche paesi che hanno continuato a sentenziare la pena di morte, l’hanno di fatto commutata in carcere a vita.
In particolare, non sono state registrate esecuzioni in Botswana, come invece era avvenuto nel 2021. Il numero delle esecuzioni è sceso anche in Somalia e Sud Sudan che invece, in passato, erano tra i paesi dove la pena capitale era maggiormente esercitata.
Le condanne a morte registrate sono diminuite – come dicevamo – in tutta la regione del 20%, da 373 nel 2021 a 298 nel 2022.
A fronte di questo dato è stato concesso un numero significativo di commutazioni nei seguenti paesi: Kenya (12); Malawi (25); Nigeria (48); Sierra Leone (117) e Zambia (30). Alla fine del 2022 le persone nelle carceri subsahariane condannate a morte erano almeno 6.168, il 51% di loro sono in cella in Nigeria.
A dicembre 2022, 112 paesi al mondo avevano abolito la pena di morte per tutti i reati e nove paesi l’avevano abolita solo per i reati ordinari. La lotta per l’abolizione totale – una lotta di civiltà – continua. E l’Africa prova a dare l’esempio.
“Con 125 stati membri delle Nazioni Unite che più che mai chiedono una moratoria sulle esecuzioni, Amnesty International non si è mai sentita più fiduciosa che questa aberrante punizione possa e sarà relegata negli annali della storia.
Ma i tragici numeri del 2022 ci ricordano che non possiamo dormire sugli allori. Continueremo a fare campagna fino a quando la pena di morte non sarà abolita in tutto il mondo” ha detto Agnès Callamard, segretario generale dell’organizzazione internazionale impegnata nella lotta per il rispetto dei diritti umani.