La notizia è stata data dal fratello su Facebook: il politico algerino e noto esponente del movimento popolare Hirak, Karim Tabbou, è stato arrestato la sera del 23 maggio ad Algeri. La polizia in borghese lo ha prelevato dalla sua abitazione nel distretto occidentale di Dely Ibrahim.
Non si conosce, al momento, il motivo dell’arresto, né la data della sua presentazione davanti al procuratore generale.
Tabbou era stato arrestato una prima volta nel settembre 2019 per aver “attentato al morale delle forze armate”, rilasciato dopo due settimane e subito dopo nuovamente incarcerato.
Il 24 marzo 2020 era stato condannato in appello a un anno di reclusione per “attentato alla sicurezza nazionale”, a causa di un video in cui criticava l’interferenza dell’esercito negli affari politici, postato sull’account Facebook del suo partito, l’Unione democratica e sociale (UDS), piccola formazione politica di opposizione non riconosciuta dal governo. La pena era stata scontata interamente.
All’indomani del verdetto di primo grado, l’11 marzo 2020, il parlamento europeo si era pronunciato contro la condanna e le sue modalità, giudicate “contrarie allo stato di diritto”. Molto più duri i toni usati invece dal Dipartimento di Stato americano in un rapporto del marzo scorso, che denuncia le tattiche brutali utilizzate dal regime per mettere a tacere il dissenso, tra cui la detenzione preventiva, la tortura, le accuse di terrorismo e l’imbavagliamento della libertà di parola.
Tabbou, 48 anni, è uno dei volti più popolari dell’Hirak, movimento pro-democrazia che ha guidato una stagione di imponenti manifestazioni anti-governative, iniziate nel febbraio del 2019 e terminate – a causa della crescente repressione culminata con le restrizioni imposte durante la pandemia – nel marzo del 2020.
Proteste scoppiate contro la candidatura del presidente Abdelaziz Bouteflika per un quinto mandato, poi, dopo la deposizione del despota, proseguite per smantellare il sistema al potere da decenni in Algeria.
Secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti (CNLD), decine di persone legate all’Hirak, attivisti per i diritti, oppositori politici e giornalisti, sono tuttora incarcerate.
Ma questa palese e persistente violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali non ha impedito all’Italia di firmare una serie di accordi energetici con il regime.