Dalle parti di Dakar hanno trascorso l’ultimo anno e mezzo a festeggiare. Dal 2022 in poi, infatti, il Senegal ha fatto razzia di titoli, senza lasciare neanche le briciole ai rivali, confermandosi una vera e propria superpotenza del calcio africano: dopo aver sollevato la prima Coppa d’Africa della sua storia in Camerun, i Leoni della Teranga hanno conquistato anche il Campionato delle nazioni africane, la Coppa d’Africa U20 e quella U17.
Un dominio totale, esercitato in maniera assolutista, ma non certo scontato. Anzi, tutt’altro, se si pensa che fino all’anno scorso il Senegal non aveva ancora mai vinto la Coppa d’Africa. Un vero e proprio tabù. In Senegal, addirittura, c’era chi aveva scritto un libro sulla maledizione della Coppa d’Africa, cercando di individuare i motivi di questa storica allergia al successo.
Secondo Babacar Khalifa Ndiaye, decano del giornalismo senegalese e autore del volume Le Sénégal à la CAN de foot: Pourquoi les Lions n’y arrivent toujours pas?, le ragioni erano molteplici: si andava dall’inesperienza ad alto livello, alla mancanza cronica di organizzazione, passando per l’instabilità tecnica, fino alla sfortuna di incrociare sul cammino e venire eliminati dai padroni di casa, come è accaduto nel 1990 (Algeria), nel 2000 (Nigeria), nel 2004 (Tunisia), nel 2006 (Egitto) e nel 2012 (Guinea Equatoriale).
I Leoni della Teranga avevano anche raggiunto una finale, perdendola nel 2002 con il Camerun, prima di conoscere un lungo periodo di crisi.
Tutto, però, è cambiato con l’avvento di Aliou Cissé, il carismatico capitano del 2002 chiamato a ricostruire la squadra sulle macerie lasciate dal francese Alain Giresse dopo l’eliminazione al primo turno della Coppa d’Africa 2015.
Con lui al timone, la storia ha ripreso a scorrere da dove si era interrotta, tanto che il Senegal ha raggiunto una finale di Coppa d’Africa nel 2019, perdendola con l’Algeria. Le prove generali per il trionfo del 2022, ottenuto battendo l’Egitto in finale ai calci di rigore.
Il tecnico di Ziguinchor non ha preteso una rivoluzione, ma ha portato due ingredienti come lungimiranza e stabilità, assemblando in questi otto anni una squadra all’insegna della continuità e con un’identità riconoscibile.
Anche a costo di sacrificare l’estetica sull’altare della pragmaticità. «Preferisco vincere come l’Atletico Madrid che perdere giocando come il Barcellona», ha spiegato una volta. Cissé, però, non ha fatto tutto da solo. Per il risollevamento del movimento senegalese è stato decisivo il ruolo svolto dalle tante accademie spuntate nel paese all’alba del nuovo millennio.
Da queste strutture il Senegal ha pescato il talento necessario per il rilancio: la stragrande maggioranza dei giocatori a disposizione di Aliou Cissé, infatti, si sono formati tra Génération Foot (GF), Oslo Football Academy, Sacré-Coeur, AF Darou Salam e Diambars, l’accademia fondata da Patrick Vieira a Saly.
In particolare si è distinta la Génération Foot di Dakar, culla di Ismaila Sarr e Sadio Mané, la vera e proprio locomotiva della rinascita calcistica senegalese.
Lo pensa anche Augustin Senghor, il presidente della federazione della Teranga: «Progetti come quello della Génération Foot e della Diambars permettono all’intero movimento di fare passi avanti. Se il Senegal ha ottenuto buoni risultati negli ultimi anni, è anche grazie a queste accademie, che noi dobbiamo incoraggiare».
Fondata nel 2000 da Mady Touré, con gli anni la GF si è data una struttura professionale, stipulando nel 2003 un partenariato con i francesi del Metz. Cosi da quel momento in poi i migliori talenti senegalesi svezzati dalla Génération Foot hanno usato il Metz come testa di ponte per l’approccio con la nuova realtà europea, prima di spiccare il volo verso lidi più prestigiosi.
La lista di giocatori passati dalla GF al Metz è lunga, come ha ricordato il presidente Mady Touré a So Foot: «Oltre a Mané e Sarr, al Metz abbiamo dato anche giocatori come Papiss Cissé, Habib Diallo, Diafra Sakho e Ibrahima Niane».
I risultati non si sono fatti attendere, ma è stato un cammino lungo e graduale: dal 2012 in poi, quando i Leoni si sono spinti sino ai quarti di finale dell’olimpiade londinese, tutte le rappresentative senegalesi si sono qualificate con costanza alle competizioni continentali, dalla categoria senior sino alla U17.
L’exploit del Senegal non è arrivato per caso, ma è stato il culmine di un percorso iniziato oltre dieci anni fa. «Questi risultati non devono sorprendere. Il successo l’abbiamo visto arrivare da lontano. La nazionale maggiore sta crescendo continuamente dal 2017, ma anche quella U20 ha disputato tre finali consecutive della Coppa d’Africa U20», ha spiegato con orgoglio Mayacine Mar, il direttore tecnico delle nazionali senegalesi, in una recente intervista rilasciata al portale Afrik Foot.
Un ruolo cruciale, inoltre, lo ha giocato la creazione di un centro di sviluppo e formazione a Toubab Dialao, un campus all’avanguardia pensato appositamente per la crescita delle future generazioni.
Inaugurato nel 2014, ed intitolato ad una leggenda prematuramente scomparsa come Jules Bocandé, è stato successivamente affiancato al quartier generale di Guéréo, una sorta di Coverciano senegelase, in cui negli ultimi anni sono stati organizzati oltre venti stage. «Queste strutture sono state fondamentali, perché ci consentono di allenare i giocatori nel tempo, garantendo una certa continuità», ha osservato Malick Daf, il coach della U20.
Il Senegal, però, non sembra avere la pancia piena e guarda già al futuro.
Uno degli obiettivi della federazione è sicuramente quello di migliorare l’immagine della lega locale. Il campionato senegalese è uno dei tornei africani che più esporta i talenti in Europa, ma anche uno di quelli con meno appeal del continente.
Un vero peccato se si pensa che nell’ultimo periodo i club senegalesi si sono fatti valere anche nelle competizioni continentali: due anni fa, ad esempio, lo Jaraaf ha raggiunto i quarti di finale della CAF Confederetion Cup, mentre il Tengueth ha partecipato alla fase a gruppi della CAF Champions League, la competizione regionale per club nel panorama africano.
Fondamentale sarà la capacità di attrarre nuovi sponsor e tv disposte a trasmettere le partite in diretta. I risultati eccezionali conseguiti dalle nazionali, in questo senso, potrebbero dare una mano, trainando l’intero movimento. Lo sa bene anche Mayacine Mar: «È il premio alla pazienza e alla programmazione. Abbiamo saputo aspettare e ne è valsa la pena. Penso che possiamo restare al vertice del calcio africano ancora per parecchio tempo».