Si è celebrato lo scorso 20 aprile il 30° anniversario della scomparsa di don Tonino Bello, vescovo per dieci anni di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi in Puglia, costruttore di pace, dichiarato “venerabile” da Papa Francesco nel novembre 2021.
«La coerenza, ovvero la sua unità profonda tra la vita e la professione di fede, costituisce il segreto di don Tonino», scrive mons. Domenico Cornacchia, dal 2016 tra i successori di don Tonino e autore del libro che ripercorre la vita e il ministero sacerdotale ed episcopale del vescovo della “Chiesa del grembiule”.
«Don Tonino emana tutt’oggi un fascino che fa bene, che stimola a convertirsi, che esorta a guardare a lui come un modello, facendoci interrogare sul nostro modo di seguire Gesù».
Una dettagliata biografia spirituale che indaga le virtù umane e cristiane del pastore originario di Alessano: obbedienza, umiltà, povertà, castità, fortezza, temperanza, giustizia, carità, speranza e fede del vescovo di Molfetta, noto per il suo instancabile impegno per la pace e per il suo schierarsi a fianco dei poveri e dei migranti.
Fin dall’inizio del suo ministero episcopale don Tonino diede prova dell’umiltà con cui accettò il suo nuovo compito.
Tanto che invece di attendere che i sacerdoti della diocesi andassero a congratularsi e a omaggiarlo, si recò lui stesso a bordo della sua vecchia Fiat cinquecento a salutare il clero riunito nel seminario vescovile.
Dove si presentò a tutti come “don Tonino”, il nome con cui sempre si firmò e volle essere chiamato fino alla morte. Nominato nel 1985 presidente di Pax Christi, denunciò con coraggio tutto ciò che appariva come simbolo e predisposizione alla guerra.
E intervenne in modo spesso estremamente deciso per riaffermare la forza della non violenza. Si espresse contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle e criticò apertamente la guerra del Golfo fino ad attirarsi l’accusa di istigazione alla diserzione.
Nel ricordo di tutti resta la sua partecipazione alla Marcia dei 500 a Sarajevo nel 1992, nella ex Jugoslavia, dove imperversava la guerra dei Balcani. Pur minato da un male incurabile, partì da Ancona, seguendo le orme di san Francesco, per testimoniare che i disaccordi possono essere risolti senza ricorrere alla violenza.
E non si preoccupò delle critiche, piovutegli addosso sia dal mondo politico che dall’interno della Chiesa.
La seconda parte del libro offre una serie di interventi di persone che hanno conosciuto in profondità don Tonino e che testimoniano le sue virtù: fede, speranza, temperanza e fortezza.
Don Tonino è davvero una delle figure più significative del cattolicesimo italiano del dopo Concilio Vaticano II, alla quale più volte si è richiamato Papa Francesco indicandolo come modello perché fu un cristiano capace «di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa».
Il messaggio che ha lasciato don Tonino potrebbe essere riassunto con queste parole del quotidiano Avvenire: «Sarà lo scontro di civiltà a determinare il nuovo (dis) ordine mondiale, visto che le ideologie non ci sono più e gli esseri umani dovranno definire la propria identità in base alla lingua, alla religione, alle tradizioni. Per dire no a tutto questo don Tonino ha donato la sua vita. Si recò a Sarajevo per indicare una strada nuova: civiltà, culture e religioni devono stare insieme, conviviali nelle differenze, conviviali per la pace. Lì a Sarajevo annunciò che così la pace è possibile».