Il risultato era nell’aria da mesi. Per questo il criticato presidente Umaro Sissoco Embaló, dopo avere sciolto il parlamento, pur mantenendo il primo ministro, Nuno Nabiam al suo posto fino alla realizzazione delle elezioni legislative, ha cercato di rimandare il rischio del voto finché ha potuto.
Le elezioni erano state fissate in un primo tempo per il 18 dicembre 2022, ma rinviate prima ad aprile di quest’anno e, in via definitiva, al 4 giugno. E proprio il 4 giugno ha determinato la fine, per ora, dell’egemonia politica dei partiti che hanno sostenuto il governo-Embaló e molto probabilmente il declino di questa figura politica atipica, amico dell’ex presidente brasiliano Bolsonaro, eletto in circostanze tutt’altro che trasparenti, nell’ormai lontano 2019.
La Guinea-Bissau ha risposto in maniera esemplare all’appuntamento elettorale per rinnovare i 102 seggi parlamentari: dei circa 900.000 elettori (fra residenti e diaspora), più del 70% si è recato a votare, fatto che rappresenta di per sé un successo per questo piccolo paese dell’Africa occidentale.
La cellula di monitoraggio elettorale della società civile, guidata dal sociologo Miguel de Barros, ha evidenziato la trasparenza e tranquillità del processo elettorale, facendo un solo appunto: la divulgazione più celere dei risultati da parte della Commissione nazionale delle elezioni avrebbe potuto evitare la pubblicazione dei risultati non ufficiali da parte di questo o quel partito politico.
Anche la delegazione della Cplp (Comunità dei paesi di lingua ufficiale portoghese), composta da 27 osservatori elettorali) ha registrato pochissimi ritardi e lacune nel processo di votazione, avallando quindi la trasparenza e buona organizzazione.
Decisiva la capitale
I risultati, pressoché definitivi, danno la maggioranza assoluta all’alleanza elettorale che il Paigc (Partito africano per l’indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde) ha voluto stringere con alcuni movimenti della società civile, schieratisi sotto la sigla Pai-Tr (Alleanza Inclusiva-Terra Ranka). Tale soluzione ha inteso dimostrate la necessità, da parte del Paigc, di aprirsi alla parte più viva della società civile, ribadendo i propri principi di giustizia sociale e di accesso alla terra.
Il Pai-Tr ha ottenuto, salvo ritocchi dell’ultima ora, 54 seggi sui 102 disponibili, contro i 28 del Madem (Movimento per l’alternanza democratica, il partito di riferimento del presidente Embaló), i 13 del Prs (Partito per il rinnovamento sociale) e 7 per due formazioni minori, alleate del Madem.
Il Pai-Tr ha dominato nella capitale Bissau, ancora una volta decisiva per determinare la maggioranza parlamentare. Ha infatti ottenuto 15 seggi, contro i 5 di quella che è diventata la minoranza in parlamento, mentre anche i due seggi attribuiti alla diaspora africana ed europea sono andati alla coalizione guidata da Domingos Pereira, leader del Paigc.
Lo scenario che si apre ora è assai complicato. Difficilmente Embaló vorrà dare l’incarico di primo ministro al suo acerrimo rivale Pereira, ma d’altra parte la formazione di un governo di minoranza, escludendo cioè il Pai-Tr, appare del tutto improponibile, anche alla luce degli enormi problemi che la Guinea-Bissau sta affrontando in questi mesi.
E appare assai preoccupante per Emabaló anche la prospettiva delle presidenziali del 2024. Il presidente dovrà cercare di recuperare il terreno perduto in queste legislative mediante un’azione di governo più efficace e inclusiva, che fino a oggi è del tutto mancata. E infatti i cittadini infatti hanno punito l’arroganza di Embaló e la sua incapacità di dialogare con la società civile, votando lo schieramento d’opposizione e garantendogli la maggioranza parlamentare.