La sedicesima e ultima base della Renamo, presso Vunduzi, nella Serra di Gorongosa, provincia di Sofala, nel centro del Mozambico, è stata definitivamente chiusa il 15 giugno.
Il programma di smobilitazione dei 5221 militari di un partito-esercito che ha usato la guerra come arma per la conquista di quei principi democratici inizialmente negati dal Frelimo socialista, si è completato non senza accese polemiche.
Le reazioni internazionali sono state entusiastiche, a partire dal segretario delle Nazioni Unite, António Guterres.
Fra i capi di stato e di governo, colui che ha seguito più da vicino questo processo è stato il primo ministro portoghese, António Costa, che ha espresso la propria soddisfazione per l’accordo raggiunto, come aveva fatto nella sua recente visita a Maputo nel settembre scorso.
A livello nazionale, invece, la notizia è passata quasi sotto silenzio: il processo di smobilitazione era ormai ritenuto irreversibile, e le ultime resistenze erano state debellate con l’uccisione del generale ribelle Mariano Nhongo, a ottobre del 2021.
Al di fuori della retorica di stampa e istituzioni internazionali, in Mozambico l’accento è ricaduto sui limiti di tale processo: il settimanale privato Dossier e Factos ha evidenziato il clima di ostilità nei confronti del sessantaduenne presidente Ossufo Momade.
Questi rappresenterebbe un ostacolo alla vittoria della Renamo, con due accuse specifiche: da un lato, avrebbe abbandonato frettolosamente la Serra di Gorongosa (dove Alfonso Dhlakama è morto e dove vi era ancora un contingente in attesa di essere smobilitato), per godere dei benefici economici garantiti dai lauti compensi destinati per legge al leader del primo partito di opposizione.
Ancora prima di firmare l’accordo definitivo di pace nel 2019, Momade si sarebbe installato – secondo i suoi accusatori interni – nella lussuosa villa di Maputo vista mare, dimenticandosi di coloro che avevano combattuto per una vita per la causa del partito, e che ancora si trovavano a Gorongosa.
Questo suo atteggiamento è stato letto dagli oppositori interni come arrendevolezza verso chi – il presidente Filipe Nyusi e tutto il Frelimo più in generale – si è da sempre presentato come dispotico, autoritario e intollerante verso uomini e idee vicini alla Renamo.
La lunga striscia di sangue che ha caratterizzato il periodo che va dall’inizio della presidenza di Nyusi (2015) a oggi (dall’omicidio del professore franco-mozambicano Gilles Cistac nel 2015 a quella del deputato della Renamo Jeremias Pondeca e del deputato provinciale di Tete Armindo Nkutche, entrambi nel 2016, fino all’assassinio di Rafael Miguel, delegato della Renamo in provincia di Tete, nel febbraio scorso), sarebbe da attribuire a squadroni della morte pagati dal governo per eliminare i soggetti più scomodi, dentro e fuori la Renamo.
Nonostante un simile atteggiamento intimidatorio, e a dispetto del fatto che il governo avesse più volte ribadito – come anche affermato dal mediatore delle Nazioni Unite, lo svizzero Mirko Manzoni – che risorse per garantire a tutti gli smobilitati una pensione degna non ce ne fossero, Momade è andato avanti, ignorando le istanze della sua base.
La seconda accusa, di natura più eminentemente politica, riguarda l’evidente incapacità di Momade nel guidare un partito che, da oggi, dovrà rinunciare a qualsiasi velleità di tipo militare.
Le elezioni amministrative sono alle porte (si voterà per il rinnovo dei comuni mozambicani il prossimo ottobre) e lo scenario rispetto a candidati, programmi e alleanze sul fronte-Renamo appare tutt’altro che chiaro.
Nel caso in cui il Frelimo dovesse continuare a dominare lo scacchiere politico locale – magari con qualche, usuale eccezione fra il Centro e il Nord del paese – il destino di Momade potrebbe essere segnato: a gennaio del 2024 è previsto un congresso, con vista sulle elezioni politiche e presidenziali della fine del prossimo anno.
La testa di Momade potrebbe cadere, schiacciato fra un’ala guerriera che non è riuscita a garantirsi né una pensione soddisfacente né un inserimento nell’esercito o nella polizia mozambicana, e una più moderna, fatta da giovani rampanti, come l’attuale sindaco di Quelimane, Manuel de Araújo, o il brillante deputato di Maputo, Venâncio Mondlane, che scalpitano affinché la Renamo si trasformi definitivamente in un partito di proposta, oltre che di protesta, aggregando tutte quelle forze scontente di un governo, quello del Frelimo di Nyusi, che non ha certo dato prova di brillantezza, né di efficienza, ma che ha potuto contare su un’opposizione debole e senza idee.
Solo i prossimi mesi diranno se la chiusura dell’ultima base di Vunduzi costituisca una resa senza condizioni o un passaggio per far diventare la Renamo un partito più maturo e “normale”, aiutando così la crescita della democrazia mozambicana.