Il governo delle migrazioni non prevede scorciatoie né securitarie (il controllo ossessivo delle frontiere per dimostrare che si sta facendo qualcosa) né consolatorie (accontentarsi di sapere che c’è una parte residuale dell’opinione pubblica, oltre che una quota della Chiesa, Francesco in testa, che chiede l’accoglienza di chi arriva sulle sponde italiane/europee) né populiste (tirare una linea che divide gli italiani/europei dagli altri, ben sapendo che la faccenda migranti è un po’ più intricata e non si accontenta di slogan).
Limitiamoci ai migranti che arrivano dall’Africa. Per regolarne il flusso è necessaria una scelta politica ben precisa che non sia tutta spesa a tamponare il presente e che invece getti le basi di politiche italiane/europee nei paesi dell’Africa subsahariana e del Nordafrica. Politiche che non siano l’esternalizzazione delle frontiere – soldi in cambio del blocco dei migranti – che ha fatto l’Europa con la Turchia di Erdogan e che ancora sta attuando in alcuni paesi del Sahel, che ha fatto il governo Berlusconi nel 2008 con il leader libico Gheddafi e che ha riproposto il governo Meloni perorando presso il Fondo monetario internazionale la causa dell’autoritario e contestato presidente tunisino Kais Saied.
Intendiamoci, i governi italici di centrosinistra o tecnici non hanno fatto di meglio.
Perché in fondo a chi vuoi che importi dell’Africa? Perché un governo dovrebbe ragionare a lungo raggio, se i cittadini italiani/europei vogliono fumo negli occhi e pensano al Mediterraneo solo per programmare le vacanze? Perché un ministro dovrebbe prendersi rischi su un terreno così scivoloso, se poi i benefici andranno ad altri?
A chi importa sapere che gli ivoriani che tentano di arrivare da noi si sono stancati di lavorare nei campi di cacao con salari inadeguati, mentre il loro governo fa poco o niente per creare una industria di trasformazione (oggi in mano alle multinazionali del cioccolato come Mars, Ferrero, Nestlé) che creerebbe posti di lavoro e rafforzerebbe la filiera del cacao di cui la Costa d’Avorio è il primo produttore al mondo?
Quanti sono consapevoli che gli egiziani che si stipano su un barcone vogliono mettersi in salvo da un regime, quello di al-Sisi, che ha affossato l’economia, annullato i diritti di cittadinanza e che tuttavia per gli Usa e l’Europa rimane intoccabile negli equilibri del Medioriente?
Chi è interessato a valutare che si potrebbe aprire quanto prima un negoziato con i governi dei paesi africani da cui parte il maggior numero di migranti e costituire, attraverso le ambasciate, dei percorsi migratori regolari, in modo che chi è intenzionato a migrare possa presentare le sue credenziali, se necessario seguire un corso di formazione, ed essere valutato secondo la domanda d’impiego in Italia/Europa?
Domande che rimangono sospese. L’estate ormai è cominciata, rimuoviamo i morti nel Mediterraneo, come denuncia l’appello della Conferenza degli istituti missionari italiani (Cimi), dimentichiamo che la rotta più letale è quella che collega Libia e Tunisia all’Italia (17mila morti e dispersi dal 2014) e tuffiamoci.
Tutti al mare che non è mai stato nostrum, men che meno oggi.
Missionari italiani
Riferendosi al naufragio avvenuto a Pylos, il 14 giugno nel mar Ionio in acque territoriali greche, che è costato la vita a oltre 600 persone, la Cimi si chiede: «Le persone che erano su quell’imbarcazione o sulle altre imbarcazioni naufragate avevano alternative per scappare dalla violenza? Rischiare la vita oppure continuare a subire violenze nei lager libici? Voi, noi cosa avremmo fatto se fossimo stati al loro posto? La risposta non sta nell’ultimo “patto europeo”, la risposta non si trova nelle coscienze sporche dei politici che lo hanno votato. Forse la risposta sta semplicemente nel rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali. Leggi e convenzioni che tutti i paesi hanno votato ma che vengono dimenticate quando si pensa solo alla difesa del proprio paese o della “fortezza Europa” e quando si fa politica per difendere interessi di corporazione o personali. Leggi e convenzioni internazionali scritte per impedire che la violenza e la cultura della morte tornassero a prevalere. Rispettare le leggi e le convenzioni internazionali per evitare altre stragi annunciate».