Sudafrica: l’anticorruzione scagiona Ramaphosa per lo scandalo di Phala Phala
Politica e Società Sudafrica
Per l'ufficio del pubblico protettore il presidente non ha violato la Costituzione
Sudafrica: l’anticorruzione scagiona Ramaphosa per lo scandalo di Phala Phala
03 Luglio 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 2 minuti
Cyril Ramaphosa (Credit: GCIS)

Il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa ha superato un altro potenziale ostacolo alla sua corsa alla rielezione nel 2024.

Il 30 giugno l’agenzia anticorruzione lo ha infatti scagionato dalle accuse di conflitto di interessi in relazione allo scandalo scoppiato nel giugno 2022 per la mancata denuncia del furto di 580mila dollari in contanti dalla sua fattoria di Phala Phala, nella provincia di Limpopo, nel 2020.

L’ufficio del pubblico protettore ha stabilito che Ramaphosa non ha violato la Costituzione.

L’ufficio è un’istituzione statale indipendente prevista dalla Costituzione che riferisce di cattiva condotta o illeciti all’interno del governo, ma senza alcun potere giudiziario.

A emettere il verdetto è stato il difensore civico ad interim Kholeka Gcaleka, subentrato al predecessore Busisiwe Mkhwebane, sollevata dall’incarico nel giugno 2022, dopo lo scoppio dello scandalo, dallo stesso presidente sudafricano.

Sul furto del denaro sta però indagando la polizia e al momento il presidente non è accusato di alcun crimine.

Nel dicembre dello scorso anno Ramahosa aveva evitato la messa in stato d’accusa presentata da sette partiti di opposizione, poi aveva ottenuto la rielezione alla guida dell’African National Congress (ANC). Poche settimane prima, l’inchiesta di un gruppo indipendente approvato dal parlamento aveva stabilito che il presidente “potrebbe aver commesso” gravi violazioni e cattiva condotta.

Lo scandalo, denominato dai media Farmgate, era stato sollevato dalla denuncia di Arthur Fraser, ex direttore generale dell’intelligence, che lo aveva accusato di riciclaggio di denaro e di mancata dichiarazione alla polizia del furto di 4 milioni di dollari in contanti, sottratti nel febbraio 2020 dalla sua casa in campagna.

Fraser lo aveva anche accusato di aver torturato i sospetti ladri e di averli pagati (quasi 10mila dollari, secondo lui) perché tacessero.

La denuncia era arrivata solo alcune settimane prima della pubblicazione del rapporto della Commissione di inchiesta Zondo sulla “rapina di stato” effettuata dai potenti uomini d’affari della famiglia Gupta quando presidente era Jacob Zuma.

Un’inchiesta dalla quale emergono, tra l’altro, spese esorbitanti da parte di Fraser quando era a capo dell’agenzia per la sicurezza (dal 2016 al 2018) e accuse di corruzione e frode.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it