Lo scorso venerdì, il presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa ha firmato il disegno di leggere che strozza definitivamente la libertà di espressione nel paese.
Già negli ultimi mesi Mnangagwa aveva fatto parlare di sé, nella sua lotta sfrenata contro ogni sorta di oppositori, attivisti, Ong.
Lo scorso primo febbraio, è passata una legge che vietata l’impegno politico a chiunque facesse parte di organizzazioni umanitarie.
Ad aprile ha dichiarato che alle elezioni di agosto saranno ammessi solo osservatori elettorali “amici” del governo – e non dimentichiamo il rapporto della Commissione elettorale sulla delimitazione dei distretti, che ha rivelato moltissime irregolarità, tra cui distretti registrati in Antartide.
Ora, dopo la mega tassa per candidarsi alle elezioni annunciata a giugno, la novità è la cosiddetta “legge patriottica”, che prevede la pena di morte per chiunque venga ritenuto colpevole di “danneggiare intenzionalmente la sovranità e l’interesse nazionale dello Zimbabwe”. Una legge che è stata dichiarata assolutamente incostituzionale dalle opposizioni e che sposterebbe definitivamente la Zimbabwe nel novero dei paesi sotto dittatura. Fadzayi Mahere, portavoce di Citizens Coalition for Change, ha definito il paese “un avamposto di tirannia”, peggio ancora rispetto ai tempi di Robert Mugabe.
All’interno dei movimenti filo-governativi, invece, c’è grande entusiasmo. Rutendo Matinyarare, presidente del Movimento anti-sanzioni dello Zimbabwe filo-governativo, si è detto al “settimo cielo”.
(AB)