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Pretoria cerca di contrastare i traffici illeciti transfrontalieri nella provincia del KwaZulu-Natal
Sudafrica: un muro al confine col Mozambico
La costruzione dello sbarramento in cemento era iniziata nel 2020 e poi interrotta. Ma il recente aumento della tensione politica e sociale causata dalle attività criminali ha portato alla ripresa del progetto. Sulla cui efficacia, però, i dubbi non mancano
04 Agosto 2023
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 4 minuti
Barriere di cemento destinate a separare Sudafrica e Mozambico (Credit: Mlungisi Mbele / Daily Maverick)

Che i rapporti fra Sudafrica e Mozambico non siano più quelli in cui il governo socialista di Samora Machel aiutava l’African National Congress di Mandela contro l’apartheid lo si sapeva da tempo.

L’annunciato ritiro delle truppe della SADC dal teatro di guerra di Cabo Delgado è stato il primo segnale.

L’ultimo è stato ancora più esplicito: la ripresa della costruzione di un muro di cemento armato, stile muro di Berlino, al confine col Mozambico, nella provincia di KwaZulu-Natal, con l’affidamento del suo completamento a una nuova ditta.

Il progetto

La decisione era stata presa qualche tempo fa, nel 2018, e il muro al confine fra i due paesi aveva iniziato a essere costruito nel 2020 per impedire il moltiplicarsi dei traffici transfrontalieri illeciti, soprattutto fra il territorio sudafricano del distretto di Umkhanyakude e quello costiero di Ponta de Ouro, nell’estremo sud del Mozambico.

Erano stati investiti circa 50 milioni di rand (2,5 milioni di euro) per iniziare a mettere le basi del muro, lungo 8 chilometri, poi sospeso a causa di irregolarità da parte delle ditte appaltatrici, ISF Construction e Shula Construction.

I traffici, principalmente di auto rubate, che dal territorio sudafricano transitavano poi verso il Mozambico, dove continuavano a circolare indisturbate, hanno indotto il governo provinciale di KwaZulu-Natal a riprendere i lavori con grande decisione, secondo quanto dichiarato dalla governatrice, Nomusa Dube-Ncube.

Una situazione fuori controllo

La stessa governatrice Dube-Ncube ha usato parole di fuoco contro le autorità mozambicane.

Queste, a suo dire, sarebbero incapaci – o addirittura complici – di combattere questo preoccupante fenomeno transfrontaliero (oltre al business principale, di automobili rubate, anche il traffico di droga e altre attività illecite).

Il fatto più grave è che due attivisti sociali sudafricani, Judah Mthethwa e Sandile Tembe, che avevano denunciato questi traffici, sono stati uccisi con due attentati distinti – a febbraio e marzo – che hanno portato alla loro morte istantanea e hanno ulteriormente esacerbato il clima sociale della regione.

Questo micidiale cocktail ha fatto infuriare i cittadini sudafricani che hanno reagito nella maniera peggiore, cioè tentando di farsi giustizia da soli.

Decine di auto e altri mezzi con targa mozambicana circolanti in territorio sudafricano sono state incendiate, tanto che la polizia ha dovuto distaccare un centinaio di effettivi, prevedendo, a medio termine, l’apertura in loco di un’unità permanente specializzata in indagini su veicoli rubati.

Quali soluzioni?

I governi dei due paesi hanno da tempo intavolato discussioni per cercare di dare una soluzione a una situazione che, al momento, è fuori controllo.

Lo scorso febbraio si era tenuto un vertice a Cape Town fra la ministra dell’interno del Mozambico, Arsénia Massingue, e il suo collega sudafricano, Bheki Cele, che aveva rappresentato il completamento di una serie di incontri fra i massimi rappresentanti delle rispettive polizie, da cui ci si attendevano risultati concreti.

Il vertice era stato chiesto dal governo mozambicano a causa della distruzione e successivo incendio, nel giro di poche settimane, di sette veicoli, anche pesanti, fra cui un autobus, tutti con targa mozambicana in territorio sudafricano.

Azioni interpretate dai due governi come ritorsione per i continui furti di mezzi, poi regolarmente venduti e fatti circolare in Mozambico.

Visti i magri risultati, però, il governo sudafricano ha deciso di intraprendere un’iniziativa bilaterale dall’elevato valore simbolico, ma della cui efficacia in molti dubitano.

La ripresa della costruzione del muro al confine col Mozambico, infatti, potrà sì essere un deterrente per i traffici illeciti di tipo transfrontaliero, ma, da un lato sposterà gli stessi verso altre aree di confine, e dall’altro rappresenta un segnale di chiusura, da parte di Pretoria, nei confronti di Maputo.

Suggellando così relazioni bilaterali che, negli ultimi anni, si erano andate progressivamente degradando, a cominciare dalla questione della lotta al terrorismo a Cabo Delgado.

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