Per evitare spaccature sulla crisi in Niger, la Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas) ha deciso di mettere sul tavolo l’opzione dell’intervento militare. Senza rinunciare a cercare uno spazio di trattativa con la giunta militare che è al potere a Niamey dal 26 luglio e che proprio ieri ha annunciato la creazione di un governo.
Nell’incontro a porte chiuse della Cedeao, che si è tenuto ieri nella sede di Abuja, è maturata la decisione di dispiegare una forza militare “di attesa” in vista di un possibile intervento. Ma non è stato indicato un calendario e nemmeno il numero dei soldati da impiegare.
Significa che si è trovata una mediazione tra la posizione del presidente della Nigeria e della Cedeao, Bola Tinubu, che punta prima di tutto su una soluzione pacifica, e l’interventismo manifestato da Umaro Sissoco Embalo, presidente della Guinea-Bissau e da Alassane Ouattara, presidente della Costa d’Avorio. Entrambi preoccupati che il contagio del golpe possa estendersi ai loro paesi.
Ouattara si è già detto disponibile a fornire all’eventuale operazione della Cedeao un battaglione di almeno 850 uomini. E ha ricordato che la Cedeao era già intervenuta in passato per ristabilire l’ordine costituzionale in Liberia, Sierra Leone, Gambia e Guinea-Bissau.
La Francia ha già manifestato «il pieno sostegno all’insieme delle conclusioni» della Cedeao e lo stesso ha fatto il ministro degli esteri Usa Antony Blinken.
Ora si attende una presa di posizione dell’Unione africana e un pronunciamento delle Nazioni Unite, come richiesto nel comunicato finale della Cedeao.
E si attende soprattutto che la giunta militare nigerina si decida a considerare la Cedao un interlocutore.