Alla fine la conferma ufficiale è arrivata. Il presidente cinese Xi Jinping si recherà in Sudafrica dal 21 al 24 agosto per partecipare al 15° vertice del BRICS, il blocco che raggruppa le cinque principali potenze emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
La presenza al summit, messa in dubbio in relazione alla sua assenza ad eventi pubblici nelle ultime settimane, è stata confermata dalla portavoce del ministero degli esteri cinese con una nota, nella quale si precisa che quella di Xi in Sudafrica sarà una visita di Stato “su invito del presidente della Repubblica Cyril Ramaphosa”.
Non ci sarà invece Vladimir Putin, costretto a inviare in sua vece il fedelissimo ministro degli esteri Serghei Lavrov.
Il presidente russo è infatti colpito da un mandato di cattura della Corte penale internazionale e il Sudafrica, che vi aderisce, ha l’obbligo di arrestarlo.
Cosa che ha creato non pochi grattacapi nei mesi scorsi al governo di Pretoria.
Guerra in Ucraìna e critiche dell’Occidente
Come paese organizzatore del vertice (22-24 agosto), il Sudafrica ospita il primo incontro in presenza di numerosi leader del ‘Sud del mondo’, dopo una sospensione di cinque anni in seguito alla pandemia di Covid-19. Cinque anni che hanno segnato grandi cambiamenti negli equilibri geopolitici ed economici mondiali. Ma anche sul piano ambientale.
In totale sono 69 i paesi invitati a parteciparvi in qualità di osservatori e tra questi vi sono tutti gli stati africani.
Il vertice si tiene in un periodo di crescente frammentazione a livello globale, di intensa competizione tra grandi potenze, di diffusa conflittualità.
Una fase storica condizionata dal grave conflitto in corso tra Russia e Ucraìna, che preoccupa sempre più il ‘Nord del mondo’ ma i cui effetti negativi si vanno moltiplicando anche nell’emisfero meridionale.
Il summit di Johannesburg è importante e va interpretato sotto diversi punti di vista.
I media occidentali spesso esprimono opinioni critiche riguardo al BRICS, fino a sostenere che la compagine farebbe bene a sciogliersi piuttosto che a tentare di espandersi, mentre ritengono futile e fallimentare il tentativo da essi posto in atto di contrapporsi al monopolio del dollaro come moneta di scambio e nelle operazioni di borsa e di mercato.
Una critica ribadita dai media occidentali è che i BRICS siano in realtà alquanto divisi tra loro, senza tuttavia offrire argomenti convincenti nel sostenere questa opinione.
Rivoluzione monetaria e finanziaria
Iniziato nel 2009, il gruppo BRICS riunisce alcuni dei più grandi mercati emergenti e due tra i più rilevanti paesi del cosiddetto ‘Sud globale’.
Insieme, i cinque attuali componenti rappresentano il 23% del Pil mondiale e il 42% della popolazione globale e operano già in campo economico con una propria banca.
Nella loro quinta conferenza, nel 2013 a Durban, infatti, i cinque membri BRICS annunciarono la creazione di una banca comune per lo sviluppo, la New Development Bank, allo scopo di sostituire nel finanziamento di progetti di sviluppo il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, istituzioni dominate dagli Stati Uniti e considerate obsolete.
Attraverso l’istituzione di questa banca, alimentata inizialmente da cinquanta miliardi di dollari di capitale ripartiti equamente in dieci miliardi a testa, furono mobilitate risorse da investire in infrastrutture e progetti di sviluppo sostenibile non solo nei paesi BRICS, ma anche in altre nazioni emergenti e paesi in via di sviluppo.
La banca, con sede in Sudafrica, operativa dal 2015, non si serve del dollaro ma delle monete nazionali, utilizzate per gli scambi commerciali bilaterali e multilaterali.
Molti analisti concordano nel prevedere che entro il 2030, i BRICS contribuiranno così per oltre il 50% alla produzione globale.
E il loro è un progetto che fa gola a molti.
Secondo le dichiarazioni di alcuni ufficiali sudafricani, oltre 40 nazioni hanno finora espresso interesse ad aderire al blocco economico, e 22 di esse hanno già presentato domanda formale di farvi parte.
Tra queste l’Algeria, nuova potenza emergente del continente africano.
Molto importante potrebbe rivelarsi il ruolo proattivo del Sudafrica nel sostenere la causa di questi paesi durante il vertice.
Ammettere i candidati giusti, quelli con una solida rappresentatività economica e geopolitica, potrebbe rafforzare il ruolo dei BRICS come piattaforma principale, da parte dei mercati emergenti e dei paesi in via di sviluppo, per rinvigorire la cooperazione economica e promuovere i propri diritti e interessi legittimi.
Sarà dunque molto probabilmente questo il tema in cima all’ordine del giorno.
Nuovo ordine globale
Le cosiddette ‘nazioni in via di sviluppo’, nell’impervio cammino verso un’integrazione ostacolata in molti modi dalle potenze tradizionali che ne hanno condizionato la crescita e l’unione, non possono più essere sottovalutate o tenute in ostaggio secondo modelli neocoloniali.
Nel 1955 molte di queste nazioni si incontrarono a Bandung, in Indonesia, per denunciare l’imperialismo e il colonialismo.
Nel 1961 si unirono a Belgrado come Movimento dei non allineati per chiedere più democrazia e partecipazione nelle relazioni internazionali.
Nel 1964, si sono riunite a Ginevra come Gruppo dei 77 per promuovere un nuovo ordine economico globale che sia equo per tutti i paesi in via di sviluppo.
Ora forse è giunto il momento storicamente favorevole per i BRICS, e il vertice in Sudafrica potrebbe essere ricordato come il luogo in cui è stata posta una pietra miliare nel modellare il futuro corso della cooperazione tra loro, i nuovi paesi che aspirano a farne parte e l’intera comunità internazionale.
Quale sviluppo?
Un secondo elemento critico sollevato nei media occidentali è che i BRICS non avranno la capacità di realizzare il loro obiettivo di plasmare un ordine internazionale più equo per lo sviluppo.
Nelle analisi e nell’opinione di diversi economisti occidentali si ribadisce frequentemente che il dominio del dollaro e il suo effetto distorsivo sui processi di sviluppo sono un dato di fatto con cui soprattutto i paesi in via di sviluppo devono rassegnarsi a convivere.
Può essere vero che – come in tutti i raggruppamenti internazionali -, anche tra i membri dei BRICS non esista necessariamente piena convergenza su ogni questione.
Ma il vertice in Sudafrica può trasformarsi in occasione per focalizzare l’attenzione sull’obiettivo comune dei paesi che ne fanno parte e di quelli che un giorno potrebbero diventare nuovi membri, cioè lo sviluppo.
Il dibattito a Johannesburg sarà probabilmente concentrato soprattutto sull’Africa, dove si incontrano oggi le maggiori sfide e le situazioni più critiche in termini di conflittualità, di urgenze alimentari, di emergenza climatica e di pericolo jihadista.
Ma anche le enormi ricchezze del sottosuolo di cui il mondo produttivo ha sempre più bisogno.
Il vertice sudafricano potrà rilanciare un dialogo globale su come affrontare questi ostacoli, e i BRICS introdurranno certamente argomenti come la de-dollarizzazione.
Nessuno può negare l’enorme influsso sulle economie di tutto il mondo esercitato da decenni dal biglietto verde.
E non sono solo i BRICS a pensare oggi a possibili alternative.
Il vertice di Johannesburg, in definitiva, nella nazione arcobaleno che si vanta della gloriosa storia di lotta all’apartheid, appare il luogo ideale per non ridurre il summit del BRICS a uno dei tanti incontri per discutere dei problemi del Sud del mondo.