Superata la soglia dei centomila arrivi via mare. Gli ultimi dati del cruscotto del Viminale, aggiornati a venerdì 18 agosto, contano 102.973 persone migranti sbarcate.
Un numero che nel weekend è già cresciuto.
Tant’è vero che ieri sono iniziati i trasferimenti degli ultimi 2.500 migranti arrivati a Lampedusa da Libia e Tunisia, mettendo ancora una volta l’isola a dura prova nella gestione della prima accoglienza dell’hotspot.
Due paesi, Libia e Tunisia, con cui l’Italia ha stipulato accordi, proprio per gestire il fenomeno delle partenze, per contrastare gli arrivi.
Non a caso i ministri degli esteri e dell’interno, Tajani e Piantedosi, premono sull’Europa affinché sblocchi il prima possibile i 100 milioni di euro previsti dal Memorandum.
Denaro atteso per il rafforzamento dei fronti terrestri e marittimi.
Denaro ben speso, stando a quanto ha dichiarato il ministro dell’interno, elogiando lo stato nordafricano per aver bloccato 40mila partenze.
Cosa poi accada a chi rimane nel paese poco importa.
Sbarchi: gestione e polemiche
Nel mentre si attendono nuovi finanziamenti per continuare a esternalizzare le frontiere, in Italia montano il malcontento e le polemiche sulla gestione della distribuzione delle persone migranti tra i comuni.
Tanti i sindaci che lamentano una mala distribuzione sui territori.
Distribuzione che, stando a una recente circolare di luglio, dovrà cambiare ancora, aggiungendo al criterio del numero della popolazione residente, quello dell’estensione del suo territorio.
Una modalità nuova, che mette in allarme regioni come la Sardegna e la Basilicata, tanto estese quanto poco popolate.
Oggi, la regione con più alta densità di persone in accoglienza è la Lombardia, che conta 16.814 persone (il 18% del totale degli uomini, donne, bambine e bambini arrivati in Italia: 132.729), seguita da Emilia Romagna, Sicilia e Piemonte.
Il criterio dell’estensione, si legge nel documento ministeriale, sarà applicato anche nelle singole ripartizioni decise dai prefetti dei capoluoghi di regione per una successiva distribuzione infraregionale.
A polemica poi si aggiunge polemica.
Sono infatti oltre 10mila (10.258 al 14 di agosto) i minori stranieri non accompagnati arrivati da inizio anno in Italia.
Ragazzini (poche le ragazzine) cui spetta, stando alla legge Zampa, un’accoglienza immediata e diversa.
Cosa a oggi difficile, non solo perché mancano le strutture, ma perché il taglio dei fondi avuto con l’ultimo decreto, detto Cutro, fa sì che spesso i bandi vadano deserti e che non vi sia una risposta adeguata.
Eppure, che il numero delle persone minori non accompagnate fosse in crescita era risaputo da tempo.
La Geo Barents arrivata ieri a Bari, presto battezzata come “nave dei minori” (su 55 persone soccorse, 43 sono minorenni) ne è l’ennesima dimostrazione.
A sottolinearlo anche Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione: «Siamo di fronte ad una situazione ogni giorno più complessa.
Parliamo in queste ore con assessori e sindaci costretti a trovare collocazione ogni settimana a centinaia di minori non accompagnati, peraltro con età sempre più basse, senza disporre di strumenti adeguati alla complessità della situazione.
Fatichiamo a comprendere quale strategia stia seguendo il governo, al di là della mera distribuzione, per quote regionali, di numeri sempre più alti di minori sempre più piccoli».
Svuotare i Cas per far posto
Un altro risolvo che desta preoccupazione e la volontà del governo di fare, all’interno dei Centri di accoglienza straordinaria (i Cas) un censimento per aumentare i turn over.
Visto che non vi sono posti sufficienti e i bandi, anche qui, vanno deserti, soprattutto perché le piccole cooperative non riescono più ad accedervi, dopo le decurtazioni previste dal decreto Salvini che ha spogliato di tutto l’accoglienza.
A oggi in Italia le oltre 132mila persone accolte vivono per lo più nei Cas.
Ma dopo il decreto Cutro potrebbero più non averne il diritto.
Il ministero con una circolare del 7 agosto ha chiesto a prefetti, Dipartimento di pubblica sicurezza e alla Commissione nazionale per il diritto di asilo «di verificare la puntuale applicazione delle previsioni, tanto in un’ottica di corretto utilizzo delle risorse pubbliche, quanto al fine di assicurare il turn over nelle strutture di accoglienza e garantire la disponibilità di soluzioni alloggiative in favore degli aventi diritto».
Potrebbe non averne più diritto ad esempio chi, con un piccolo lavoro, arriva a una soglia di reddito pari a 6mila euro annui lordi.
Costei o costui, presente “regolarmente” a tutti gli effetti sul territorio italiano, ma certo lontano dal potersi pagare un affitto per un’abitazione appena dignitosa, può essere allontanato dal Cas perché percettore di reddito.
Nella stessa circolare poi, ricorda l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) il ministero dell’interno «ha dato indicazioni alle prefetture di disporre la cessazione immediata delle misure di accoglienza per coloro che sono riconosciuti titolari di protezione internazionale e speciale, senza aspettare il rilascio del permesso di soggiorno e senza provvedere al loro trasferimento nel SAI.
In sostanza, migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture».
Davanti a bandi deserti e mancanza di strutture, il governo decide di mandare per strada chi ha già avuto un riconoscimento di status e ha diritto a un percorso.
Il rischio di passare dal Cas al caos è reale. Ma il ministro Tajani rassicura: a settembre aumenteranno i rimpatri.