Il rapporto pubblicato il 21 agosto da Human Rights Watch (HRW) sulla gravissima situazione in cui si trovano i migranti che cercano di attraversare il confine tra lo Yemen e l’Arabia Saudita, conferma e approfondisce le notizie diffuse nel corso degli anni dalla stessa organizzazione e da organizzazioni diverse.
Il documento, lungo 73 pagine, ha un titolo che non lascia adito a dubbi: They Fired on Us Like Rain. Saudi Arabian Mass Killings of Ethiopian Migrants at the Yemen-Saudi Border (Su di noi piovevano pallottole. Uccisioni di massa saudite di migranti etiopi al confine con lo Yemen).
Si basa sulle testimonianze di 42 etiopi, tutti sopravvissuti o parenti e amici di sopravvissuti a numerosi episodi in cui le guardie di frontiera saudite hanno sparato, usando anche armi pesanti, su gruppi di migranti che cercavano di passare il confine.
Hanno anche esaminato 350 tra video e fotografie riguardanti gli abusi. Si sono avvalsi anche di foto satellitari.
Le vittime erano in grandissima maggioranza etiopi, migranti economici reclutati da reti di trafficanti che promettono lavoro in Arabia Saudita, dove si stima che se ne trovino già 750mila.
Ma sono sempre più numerosi anche i profughi, in fuga da situazioni di conflitto e da crescenti tensioni etniche, come i tigrini dopo lo scoppio della guerra civile con il governo federale di Addis Abeba nella loro regione di origine.
Nel corso degli anni è aumentato anche il numero delle donne e dei minori che cercano di raggiungere la Penisola Arabica.
I migranti che percorrono questa rotta, conosciuta come rotta orientale, mettendosi nelle mani di trafficanti senza scrupoli sono al 90% etiopici.
Il resto sono somali, eritrei e, occasionalmente, persone provenienti da altri paesi dell’Africa orientale.
Molti sono i racconti di violenze ed abusi già prima di raggiungere il confine saudita, allo scopo di estorcere denaro alla famiglia o agli amici.
Gli episodi presi in considerazione sono avvenuti tra il marzo del 2022 e il giugno di quest’anno.
Secondo le stime degli estensori del rapporto, sarebbero come minimo diverse centinaia i migranti rimasti uccisi in soli sedici mesi perché presi come bersaglio dalle guardie di frontiera saudite.
Tra di loro anche donne e bambini.
Ѐ di una ragazzina di 14 anni, Hamdiya, la testimonianza messa in evidenza nel sommario del rapporto: «Ci hanno sparato ripetutamente. Ho visto gente uccisa in un modo che non avrei mai potuto immaginare. Ho visto 30 persone uccise immediatamente, sul posto. Mi sono nascosta dietro una roccia e mi sono addormentata, pensando di dormire con altri, attorno a me. Poi ho capito che non dormivano, erano morti. Mi sono alzata ed ero sola».
Molti, feriti, non sono stati soccorsi. Sarebbero stati lasciati morire con una crudeltà inspiegabile e disumana.
Di fatto sono stati trattati come non si fa neppure con gli animali.
Le testimonianze dei sopravvissuti sono agghiaccianti.
In alcuni casi alle vittime sarebbe stato chiesto dove preferivano essere colpiti, e poi è stato loro sparato da distanza ravvicinata.
In altri casi sarebbero stati sganciati ordigni esplosivi su migranti che erano stati rilasciati dai centri di detenzione temporanea, luoghi sinistri paragonabili a quelli libici, e stavano cercando di ritornare verso lo Yemen.
Dopo lo scoppio della guerra civile nello Yemen, anche il governo yemenita e gli oppositori houti hanno trattenuto i migranti in luoghi degradati, hanno cercato di estorcere loro denaro e hanno messo a rischio le loro vite.
Ma quanto sta succedendo al confine con l’Arabia Saudita non ha paragoni, dice il rapporto.
E la violenza sembra essere in crescita.
Le foto satellitari, infatti, mostrano un rapido aumento dell’estensione dei campi di detenzione e delle zone destinate alle sepolture nelle loro vicinanze.
Mostrano anche morti e feriti lungo la rotta migratoria.
HRW ha documentato negli anni abusi, violenze, uccisioni sulla rotta migratoria orientale e in particolare al confine tra Yemen e Arabia saudita.
Ma “questo rapporto mostra come il pattern degli abusi sia cambiato da un’apparente pratica di sparatorie occasionali e detenzioni di massa a diffusi e sistematici omicidi.”
Questo si potrebbe configurare come crimine contro l’umanità se si dimostrasse che sono parte di politiche governative che hanno come obiettivo l’uccisione di popolazione civile, conclude il rapporto.
Le autorità saudite respingono come infondate le accuse dell’organizzazione umanitaria, e non potrebbero fare altrimenti.