Continua l’esodo dall’Africa di medici e infermieri che cercano all’estero migliori condizioni lavorative.
Condizioni che riguardano la loro professione, ma anche una migliore qualità della vita, non solo nell’aspetto economico ma anche sociale.
Il brain drain, la fuga di cervelli, in Africa è un fenomeno complesso che investe e condiziona, più che altrove, non solo la vita di chi sceglie di partire o vorrebbe farlo, ma anche quella dell’intero apparato sociale.
Ogni dimissione, ogni partenza per l’estero, compromettono la vita di migliaia, milioni di persone e l’intero apparato sanitario.
Poco tempo fa l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) aveva elaborato e diffuso un elenco di 55 paesi a rischio per la carenza di personale medico e infermieristico e la raccomandazione ai paesi più ricchi di evitare di drenare risorse laddove quelle risorse sono indispensabili e enormemente inferiori alle necessità.
Va ricordato che tra i 55 paesi della lista OMS, 37 sono in Africa. E vanno ricordati alcuni dati.
L’OMS stima che siano necessari almeno 2,5 operatori sanitari (medici, infermieri e ostetriche) ogni 1.000 persone per fornire una copertura adeguata con interventi di assistenza primaria.
Ebbene, in Nigeria, paese più popoloso del continente, c’è un medico ogni 5mila pazienti.
In Malawi, che detiene il record della più bassa concentrazione di medici al mondo, la percentuale è di 0,4 ogni 10mila abitanti.
La situazione è dunque critica. In alcuni paesi più che in altri.
Tra i 37 paesi africani della “lista rossa” dell’OMS ci sono la Nigeria, il Ghana, lo Zimbabwe.
E allora vediamo cosa sta accadendo proprio in questi paesi.
Negli ultimi 5 anni hanno lasciato il proprio paese oltre 75mila infermieri nigeriani.
Oggi il rapporto tra infermieri e pazienti è di 1 su 1.160.
Destinazione Occidente
Dove sono andati gli operatori sanitari che sono riusciti a trasferirsi e dove hanno trovato lavoro?
La maggior parte nel Regno Unito che, al contrario, sembrerebbe a corto di personale.
Già lo scorso anno – nel solo periodo marzo 2021 marzo 2022 – si contavano 7.246 trasferimenti.
Dal Ghana Registered Nurses and Midwives Association (GRNMA), si apprende, invece, che circa 10.209 infermiere e infermieri tra il 1 gennaio e il 7 luglio di quest’anno hanno chiesto l’autorizzazione a lasciare il paese.
A circa 4mila di loro è stata concessa la documentazione necessaria per partire.
In Inghilterra dal paese lo scorso anno ne sono arrivati 1.200.
Nello Zimbabwe, tra il 2021 e il 2022, hanno lasciato il paese 4mila lavoratori del settore sanitario. Tra questi 2.600 infermieri e infermiere.
Tra le mete anche l’Europa, soprattutto la Germania, ma anche Stati Uniti, Canada e ora anche l’Australia.
Zero prospettive
Sono tanti i motivi che spingono questi professionisti a continuare altrove la loro carriera.
Sicuramente la ricerca di una migliore qualità della vita e condizioni di lavoro più soddisfacenti in un ambiente ospedaliero con mezzi adeguati per esercitare la propria professione.
Ma sicuramente alla base di tutto c’è il fattore economico.
Stipendi bassi, spesso incerti – ed ecco perché i frequenti scioperi nel settore – e una conseguente volatilità della previdenza sociale, rendono difficile lavorare con serenità.
Un medico in Nigeria può guadagnare quasi 12mila dollari l’anno, va un po’ meglio in Sudafrica dove i salari mensili (a seconda dell’incarico e specializzazioni) oscillano tra i 1.600 e i 7.600 dollari.
Per un’infermiera in Ghana la paga si aggira sui 2.500 ghana cedi al mese (circa 217 dollari).
E le differenze tra i singoli paesi è notevole, con il personale medico delle Seychelles e Mauritius che beneficiano della forza delle economie dei rispettivi paesi.
E poi ci sono luoghi come la Somalia, dove la sanità è affidata soprattutto alle organizzazioni umanitarie e alle ong.
Eppure, dei 17.548 studenti che si sono laureati nel 2020, 6.700 provenivano da facoltà legate alla medicina.
Quando ci sarà uno Stato e un governo stabile nel paese, in grado di assicurare lavoro a questi giovani?
E quanti di questi riusciranno a partire e trovare lavoro all’estero?
Deboli contromisure
Va detto che in molti paesi si sta cercando di bloccare l’esodo, sia restringendo il rilascio dei permessi – come in Zimbabwe, per esempio – sia con vere e proprie leggi.
In Nigeria, è stato già approvato un emendamento del Medical and Dental Practitioners Act.
Se approvato dal senato, il disegno di legge – ovviamente contestato dal settore – renderebbe obbligatorio per i laureati in medicina lavorare in Nigeria per cinque anni prima di ottenere la piena licenza.
Mentre il governo ghanese, nonostante la carenza di personale ha congelato le assunzioni del settore pubblico.
Così chi riesce comunque a partire finisce per fare lavori umili nei paesi di accoglienza, in mancanza delle formali certificazioni.
Intanto, mentre la maggior parte dei leader africani continua – esodo o meno – a farsi curare all’estero, va a ridursi il numero di medici, ostetriche, infermieri a disposizione dei pazienti che passano intere giornate in fila in attesa di una visita.
In ambienti spesso insalubri, carenti di attrezzature e con personale che lamenta il troppo lavoro.
È per questo che molti preferiscono evitare medici e soprattutto ospedali.