Durante le operazioni di voto, il 23 e 24 agosto, in Zimbabwe la polizia ha arrestato oltre 40 attivisti della società civile incaricati di monitorare l’andamento nei seggi.
I raid sono stati condotti in quattro località della capitale Harare, in base a una soffiata che accusava gli attivisti di “attività sovversive e criminali”.
Nell’intervento gli agenti hanno sequestrato telefoni, computer portatili e altre apparecchiature elettroniche.
“L’attrezzatura è stata utilizzata per catalogare illegalmente le statistiche del voto e i risultati dei seggi elettorali in tutto il paese”, ha scritto in una nota il portavoce della polizia Paul Nyathi.
Tra le organizzazioni prese di mira, lo Zimbabwe Election Support Network, l’Election Resource Center e la Team Pachedu, tutti gruppi della società civile che agiscono in piena osservanza delle leggi e che hanno ribadito la piena legalità del loro lavoro nell’interesse della democrazia.
La pratica di arresti arbitrari è peraltro una costante nel paese, dove la polizia è accusata di completo servilismo nei confronti del partito-Stato, lo ZANU-PF, da 43 anni al potere.
Iniziato lo spoglio
Intanto sono stati diffusi ieri i primi risultati e già entrambi i maggiori candidati, lo ZANU-PF, guidato da Emmerson Mnangagwa, e la Coalizione dei cittadini per il cambiamento (CCC) di Nelson Chamisa, hanno cantato vittoria.
Questo nonostante lo spoglio dei voti fosse stato completato soltanto in 10 dei 210 collegi elettorali parlamentari. Con dati, quindi, del tutto insufficienti per identificare qualsiasi tendenza nazionale.
Quanto all’eventuale risultato finale, occorre ribadire che la competizione è stata fortemente sbilanciata a favore dello ZANU-PF, che ha una lunga storia di utilizzo delle istituzioni statali per manipolare le elezioni a suo favore.
Il presidente Emmerson Mnangagwa, 80 anni, è alla ricerca di un secondo mandato, benché il paese soffra da anni di inflazione galoppante, forte deprezzamento monetario e crescente disoccupazione, fattori che hanno lasciato molti zimbabwani dipendenti dalle rimesse in dollari USA provenienti dai parenti all’estero.