Difficile definire il libro dell’avvocata Alessandra Ballerini. Molto più di una raccolta di racconti, di un saggio che mette insieme storie, riflessioni e pensieri, impregnando ogni pagina di richiesta di giustizia, di riconoscimento di dignità, di umanità.
Erri De Luca scrive che «il sentimento giustizia fa di una persona una prua che apre il mare in due». Non lo scrive per l’autrice, è una frase che l’autrice riporta per narrare chi disobbedisce, ma è una frase che racconta tanto di lei e di questo libro. Con un titolo che profuma di augurio, appare come una preghiera laica che rimane dopo aver letto i sessanta capitoli/racconti.
Ha dentro tutta la forza della denuncia, la delicatezza dello sguardo che si posa sulle persone migranti cogliendone le fragilità, le sofferenze ma anche la determinazione e la forza. È il racconto di incontri con i luoghi e le storie, storie di chi comprende che dell’avvocata Ballerini ci si può fidare.
Ha scelto che la loro parte è la sua, che la legge di cui lei vuole essere espressione è quella che riconosce i diritti di chi è in gabbia senza avere colpe, se non quella di essere arrivato da un luogo lontano, senza il pezzo di carta giusto per poter vivere serenamente.
Oppure aver perso il lavoro e con quello la carta che diceva che poteva stare qui. È un libro che restituisce vite non lievi, che richiama all’esser parte. Il racconto d’apeertura comincia in una sera di luglio, alla scuola Diaz, quando si rivendicava un altro mondo possibile.