Ci sono rapporti, attendibili, che smentiscono la propaganda socialmediatica che dipinge l’Europa – l’Italia in particolare – invasa (o pronta a essere invasa) da una moltitudine di africani. Sarebbero milioni. Invece, secondo un recente rapporto dell’Africa Center for Strategic Studies (centro studi con sede a Washington), il 96% dei rifugiati che lascia il proprio paese d’origine rimane in Africa. E la maggior parte di chi lascia il continente lo fa attraverso canali legali: dai visti di reinsediamento o di istruzione.
Rifugiati, sfollati e richiedenti asilo
Attualmente sono circa 40,4 milioni gli africani costretti a sfollare con la forza (sfollati interni, rifugiati e richiedenti asilo). Più del doppio della cifra registrata nel 2016. Statistiche che non tengono conto degli ultimi colpi di stato in Niger e Gabon.
Oltre il 77% dei 40 milioni sono sfollati interni nei rispettivi paesi.
L’80% dei migranti africani non ha interesse a lasciare il continente. L’Africa rappresenta solo il 14% della popolazione migrante globale, rispetto al 41% dell’Asia e al 24% dell’Europa.
Nel 2022, 3,2 milioni di africani sono sfollati a causa di conflitti. Un aumento del 13% che conferma una tendenza al rialzo incontrollata osservata ormai dal 2011
Dei 15 paesi africani che generano il maggior numero di sfollati forzati, 14 sono colpiti da conflitti. Dodici di questi 15 paesi hanno anche governi con tendenze autoritarie.
Molti dei 16 paesi africani in conflitto sono contigui e si estendono dal Sahel occidentale attraverso il Corno d’Africa, comprendendo il bacino del Lago Ciad e le regioni dei Grandi Laghi. Un esempio recente è quello del Sudan, dove lo scontro tra l’esercito e la principale forza paramilitare ha causato la fuga di civili dalla violenza verso sei paesi confinanti, molti dei quali già alle prese con propri conflitti interni o altri episodi di instabilità regionale.
Il 64% degli sfollamenti forzati nel continente nel 2022 sono stati registrati in 5 paesi: Sudan, Somalia, Rd Congo, Nigeria, Etiopia.
Sfollati per la crisi climatica
C’è poi il capitolo degli sfollati forzati per la crisi climatica, disastri naturali: il numero è quasi triplicato, arrivando a 7 milioni di persone. Dal 2019, circa 2 milioni di persone non sono potute tornare a causa del persistere di queste minacce, per lo più inondazioni, seguite da siccità e tempeste. Questa cifra è aumentata a 3,2 milioni nel 2022.
L’Africa inabitabile – a causa della scarsità d’acqua, di ondate di calore insopportabili e dell’aumento di malattie – provocano un aumento delle migrazioni.
Il cambiamento climatico sta accelerando anche il modello di migrazione dalle zone rurali a quelle urbane nelle metropoli africane.
Tra il 2020 e il 2030, le sette più grandi città costiere africane – Lagos, Luanda, Dar es Salaam, Alessandria d’Egitto, Abidjan, Città del Capo e Casablanca – sono destinate ad aumentare considerevolmente.
Migrazioni economiche
Nel gennaio di quest’anno, sempre l’Africa Center for Strategic Studies ha reso pubblico un report African Migration Trends to Watch in 2023 dove metteva in evidenza anche gli aspetti economici delle migrazioni africane. Infatti, l’80% dei migranti africani non ha interesse a lasciare il continente.
Un dato che si tende a sottovalutare è che l’85% della migrazione africana è costituita da scambi e viaggi transfrontalieri di routine. Ciò contribuisce in modo tangibile alla stabilità economica, a colmare i vuoti di manodopera e al benessere socioeconomico dei paesi di destinazione.
Ulteriori vantaggi economici derivanti dalla migrazione si realizzeranno con l’accelerazione dell’Accordo continentale di libero scambio con l’Africa (AfCFTA) e del relativo Protocollo sulla libera circolazione delle persone.
La migrazione va anche a beneficio dei paesi di origine attraverso le rimesse che contribuiscono alla stabilità dei redditi delle famiglie in economie fragili, al miglioramento della sicurezza alimentare e rappresentano un investimento formativo nelle nuove generazioni.