Nuovi rapporti continuano a confermare un dato che è ormai una certezza: secondo l’Oms, un prodotto medico su 10 venduto nei paesi a basso e medio reddito è «inferiore agli standard o falsificato». E quasi il 50% dei prodotti contraffatti denunciati proviene dall’Africa.
Un nuovo report prodotto dalla Cedeao, Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale, indica che questo fenomeno sta crescendo nella sua zona. I dati sono importanti: la vendita di farmaci contraffatti in quell’area del continente ammonta a circa un miliardo di dollari. Una cifra superiore al valore del traffico di petrolio greggio e cocaina messi insieme.
Uno studio, quello della Cedeao, pubblicato ad agosto e che si basa sui dati dell’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (UNODC).
Secondo il documento intitolato Il traffico illecito di prodotti medici nell’Africa occidentale, i prodotti medici illeciti rappresentano attualmente tra il 20 e il 60% del mercato ufficiale dell’intera regione. In paesi come Guinea e Burkina Faso la percentuale sale all’80%.
Gli hub: Burkina Faso e Guinea
Secondo gli autori del rapporto, Flore Berger e Mouhamadou Kane, diversi fattori possono spiegare l’espansione di questo mercato, tra cui la corruzione e l’insicurezza: «La violenza e l’instabilità in Burkina Faso hanno contribuito a una forte espansione del mercato, e i suoi confini porosi sono diventati, insieme al porto marittimo di Conakry, in Guinea, le principali rotte del contrabbando».
Nel rapporto si legge anche dei deboli quadri normativi di questi paesi che hanno reso il settore molto vulnerabile alla corruzione: «Le autorità statali e gli operatori sanitari, in alcuni casi, aiutano anche i prodotti contraffatti a raggiungere direttamente distributori e rivenditori», scrivono gli autori.
Per quanto riguarda alcuni punti della catena, gli scenari descritti rivelano, talvolta, il coinvolgimento di agenti che lavorano con distributori ufficiali, farmacisti, venditori di depositi privati, o anche funzionari statali e persone corrotte nel settore della sanità.
I “malarici” tra i più contraffatti
I prodotti medici illeciti più comuni nella regione sono gli antimalarici. Infatti, per una malattia come questa, il tasso nell’Africa occidentale è il più alto del continente. Il che significa che il 48% del mercato antimalarico proviene da fonti illecite. Altri prodotti comuni includono antibiotici e antiretrovirali (Hiv/Aids).
Si ritiene che l’India e la Cina siano i principali paesi d’origine dei prodotti medici leciti e illeciti presenti nell’Africa occidentale.
Secondo il nuovo rapporto, questo mercato si adatta in modo flessibile alla domanda, con profitti massimizzati per alcuni prodotti a seconda del livello della domanda (la stagione delle piogge per gli antimalarici, la stagione secca per raffreddore, tosse o febbre).
Questa flessibilità, ad esempio, ha consentito alle reti criminali di rispondere al culmine della pandemia di Covid-19 a un forte aumento della domanda di clorochina, che allora era considerata un trattamento efficace.
Grandi sforzi, ma insufficienti
La questione del traffico di prodotti medici non è nuova. Se in passato ha già fatto circolare molto inchiostro, il nuovo rapporto Cedeao e i dati in esso contenuti sottolineano l’urgenza della situazione. Tuttavia si fanno sforzi e si mettono in atto iniziative nazionali, regionali o addirittura continentali per combattere il fenomeno.
Tra le iniziative citate nel documento troviamo, in Guinea, la creazione di una brigata di intervento a seguito della ratifica della Convenzione Medicrime.
Questa brigata ha intercettato un camion che trasportava prodotti medici illeciti per un valore di 33 miliardi di franchi guineani.
Gli autori evidenziano, poi, come un aspetto positivo il fatto che Burkina Faso e Guinea hanno entrambi lavorato per centralizzare i propri mercati al fine di ridurre il numero di attori coinvolti nella catena di approvvigionamento. Tuttavia, queste iniziative rimangono insufficienti dato che la portata di questo problema sanitario continua ad aumentare.
Gli autori chiedono quindi sforzi più concertati da parte delle autorità nazionali e insistono sull’importante ruolo che possono svolgere le organizzazioni regionali e la società civile.