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Dopo il Marocco ora l’ex colonia italiana
Libia, disastro annunciato
Il crollo di due dighe, dopo il passaggio dell’uragano Daniel, ha provocato migliaia di morti nell’est del paese, soprattutto nella città di Derna. Un report dell’Organizzazione meteorologica mondiale, presentato a Nairobi, metteva in guardia sui rischi meteorologici, in particolare nella regione nordafricana, dovuti ai cambiamenti climatici
12 Settembre 2023
Articolo di Redazione
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Un’ecatombe senza precedenti. Le violente inondazioni provocate dalle piogge torrenziali innescate dal passaggio dell’uragano Daniel hanno provocato un disastro nella Libia orientale, in particolare a Derna, che dalle foto e i video che circolano in queste ore appare drammaticamente sommersa dalle acque. Secondo il primo ministro del governo della Cirenaica, Osama Hammad, sostenuto dal parlamento di Tobruk, in questa città che si affaccia sul Mediterraneo e che conta oltre 100mila abitanti si contano «almeno 2mila morti (ma è un numero destinato a crescere di ora in ora) e migliaia di dispersi».

Città fuori controllo

Il sindaco della città di Al-Bayda, Safi Al-Deen Hiba, ha annunciato che la situazione è fuori controllo a causa delle inondazioni in città provocate da Daniel, invitando tutte le autorità libiche a intervenire con urgenza per salvare le vite umane e ritenendoli pienamente responsabili della sicurezza della popolazione. Al-Bayda, ls cui amministrazione locale ha imposto un coprifuoco da domenica, è una delle 3 zone dell’area che non è sotto controllo in Cirenaica.

Un nuovo fronte emergenziale si apre dunque nel Nordafrica dopo il terremoto in Marocco, allarmando le autorità dei paesi e la comunità internazionale.

Derna, “città stato” della Cirenaica, ha anche una storia particolare. Nel 2014 era stata la città scelta dallo Stato islamico per penetrare in Libia. Poi i militanti islamisti, giunti per lo più da fuori dei confini libici, furono cacciati dagli islamisti locali che a loro volta furono sconfitti dalle brigate legate al generale Haftar. Dal 2018 la città è controllata dalle sue milizie.

Il report dell’Organizzazione meteorologica mondiale

Gli avvenimenti climatici così disastrosi erano stati, se non previsti, almeno annunciati.

L’Organizzazione meteorologica mondiale, un recente rapporto intitolato Stato del clima in Africa 2022 reso noto in occasione del vertice africano sul clima, svoltosi a Nairobi la settimana scorsa, si è lamentata del fatto che l’Africa soffre in modo sproporzionato a causa del cambiamento climatico. Mentre il continente africano è responsabile solo di una piccola parte delle emissioni globali di gas serra.

Metteva in guardia sui rischi meteorologici e climatici in particolare nella regione nordafricana. Una situazione che mina la sicurezza alimentare. Senza contare che provoca movimenti migratori.

Nel 2022, rileva il rapporto, 110 milioni di persone in Africa sono state direttamente colpite dai rischi legati al clima e all’acqua. E i disastri naturali hanno causato danni economici per oltre 8,5 miliardi di dollari.

Tra incendi e siccità

Il cambiamento climatico ha avuto un impatto negativo sull’agricoltura, il principale mezzo di sostentamento in Africa. E a causa del cambiamento climatico, la crescita della produttività agricola è diminuita del 34%. Si prevede che i paesi africani triplicheranno le loro importazioni alimentari annuali portandole a 110 miliardi di dollari entro il 2025.

Il rapido riscaldamento e il caldo estremo sono stati avvertiti, soprattutto in Nordafrica, osserva il rapporto. In Algeria e Tunisia questi fenomeni hanno causato incendi boschivi. Libia e Marocco sono due paesi a forte rischio. Inoltre i paesi del Corno d’Africa hanno vissuto, nel 2022, la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. Particolarmente colpiti Kenya, Etiopia e Somalia.

L’Omm rileva che l’agricoltura, la sicurezza alimentare, l’acqua, la riduzione del rischio di catastrofi e la salute sono tra le massime priorità per l’adattamento ai cambiamenti climatici in Africa. E stima il fabbisogno previsto in 2.800 miliardi di dollari, tra il 2020 e il 2030.

Il rapporto è stato curato congiuntamente dalla Commissione dell’Unione africana e dal Centro africano per la politica climatica.

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