In Sudan un’ulteriore conferma del sempre più consistente sostegno all’esercito da parte degli islamisti legati all’ex regime del presidente Omar El-Bahir, deposto nel 2029, di cui anche Nigrizia ha scritto nei giorni scorsi, arriva dal Sudan Tribune, organo di stampa solitamente molto ben informato.
Citando anonime fonti sul posto, l’edizione online del 29 settembre riferiva di un incontro avvenuto a Port Sudan – dove l’esercito ha trasferito in suo quartier generale – tra il capo del Consiglio sovrano, Abdel Fattah al-Burhan, e un numero imprecisato di leader islamisti.
Tra questi anche il segretario generale del Movimento Islamico, Ali Karti, che è anche uno dei fondatori del braccio armato Forze di difesa popolare (PDF).
Il giorno prima Karti, ex ministro degli esteri nel governo di al-Bashir (2010-2015), era stato colpito da un secondo blocco di sanzioni statunitensi – insieme a due società accusate di fornire armi alle Forze di supporto rapido (RSF) – proprio per il suo ruolo nel proseguimento della guerra.
Secondo le fonti del Sudan Tribune, i leader islamisti hanno esortato al-Burhan ad evitare qualsiasi soluzione negoziata per porre fine al conflitto.
Si sarebbero inoltre impegnati a fornire all’esercito migliaia di combattenti, assicurando che Ahmed Haroun, il leader Partito del Congresso Nazionale – partito di El-Bashir posto fuorilegge – incriminato dalla Corte penale internazionale, sta lavorando attivamente per mobilitare i giovani affinché si uniscano all’esercito.
Un appello questo, lanciato al paese da al-Burhan lo scorso agosto. Da allora decine di campi sono stati aperti per formare volontari in diversi stati.
Tra questi lo Stato settentrionale del River Nile, che ha inaugurato quello che viene pubblicizzato come il primo e il più grande campo per il reclutamento militare di ragazze. Il campo accoglie oltre 200 donne e ragazze di età compresa tra 17 e 50 anni. Molte di loro sono sfollate fuggite dal conflitto a Khartoum.
Sempre ad agosto il pubblico ministero di Kassala – Stato orientale considerato uno dei centri di influenza del precedente regime – aveva emesso mandati di arresto contro Ahmed Haroun, Ali Osman, Awad El Jaz, Abdelrahman El Khidir e El Fateh Ezzeldin, accusati di essere “fuggitivi dalla giustizia”.
I mandati di cattura erano stati ritirati però pochi giorni dopo dallo stesso pm.
Pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto, il 15 aprile, questi ed altri esponenti di spicco del deposto regime detenuti in seguito alla rivoluzione del 2018 – tra cui lo stesso El-Bashir -, sono fuggiti dalla prigione di Kober a Khartoum nord, presumibilmente con l’aiuto di ufficiali dell’esercito.
Karti e gli altri leader islamisti si sono sempre opposti all’accordo quadro firmato dalle forze democratiche per un governo di transizione a guida civile e sarebbero dietro il colpo di stato guidato da al-Burhan e dagli allora alleati RSF il 25 ottobre 2021.
Il loro obiettivo, condiviso dai vertici militari, è la restaurazione dell’ex regime.
Il recente incontro di Port Sudan tra il capo dell’esercito e i leader islamisti è stato negato con forza dal Consiglio sovrano e dallo stesso al-Burhan, che, riferendosi evidentemente alla denuncia fatta dal Sudan Tribune, ha avvertito che coloro che tentano di incitare contro l’establishment militare saranno etichettati come «ingannatori e manipolatori» e ne subiranno le conseguenze.