L’ormai ex presidente del Niger Mohamed Bazoum, deposto da un colpo di stato militare il 26 luglio e agli arresti domiciliari da allora, avrebbe tentato di fuggire con famiglia e staff probabilmente in direzione Nigeria. Il piano di evasione avrebbe anche previsto l’aiuto di una «potenza straniera».
È quanto denuncia la giunta militare che ha sostituito l’ex capo di stato al potere, che si è auto nominata Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (CNSP).
Come si apprende dai media nigerini, in un discorso trasmesso in televisione il portavoce dei militari golpisti, il generale Amadou Abdramane, ha sostenuto che Bazoum avrebbe tentato di fuggire dalla residenza presidenziale dove vive nella capitale Niamey intorno alle tre del mattino di oggi, ora locale. Con l’ex capo dello Stato, al potere dal 2021 fino al giorno del golpe, anche la sua famiglia, due cuochi e due membri della sicurezza.
Stando alla ricostruzione del CNSP, il piano di Bazoum consisteva nel nascondersi nella periferia nord della capitale per essere poi trasferito con due elicotteri «appartenenti a una potenza straniera» nella vicina Nigeria, e più esattamente nella località di Birnin Kebbi, situata nello stato settentrionale di Kebbi, a circa 257 chilometri dalla capitale nigerina.
Abramane ha evidenziato che un «deciso» intervento delle forze di sicurezza nigerine ha sventato quello che viene definito un «tentativo di destabilizzare il paese». Il militare ha aggiunto che i «principali protagonisti» della fallita evasione sarebbero stati arrestati e che un’indagine sarebbe già stata aperta dalla giustizia di Niamey.
Dal giorno dell’arresto larga parte della comunità internazionale ha chiesto il rilascio di Bazoum ai militari golpisti, guidati dal Abdourahamane Tchiani, comandante della guardia presidenziale fino al pronunciamento di luglio. Diversi paesi hanno condannato il golpe. Su tutti la Francia, ex potenza coloniale ritenuta vicina a Bazoum che prima del golpe poteva anche contare su una significativa presenza militare nel paese.
Le azioni legali dell’ex presidente
Nelle scorse settimane i legali dei Bazoum hanno comunicato di aver fatto ricorso contro l’arresto del loro assistito presso la giustizia nigerina e la corte di giustizia dell’Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDEAO). Gli avvocati hanno anche contattato due organi del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, fra i quali il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria.
In un suo articolo pubblicato una settimana dopo il golpe dal quotidiano statunitense Washington Post, Bazoum, che si definiva «un ostaggio», metteva in guardia sui possibili «devastanti effetti del golpe» a livello nazionale, regionale e mondiale.
Dal canto loro i militari al potere a Niamey hanno affermato nelle scorse settimane di voler denunciare Bazoum per «alto tradimento» e «cospirazione contro lo Stato».
Il (non) intervento della CEDEAO
Nelle settimane che hanno seguito golpe la CEDEAO ha anche valutato la possibilità di intervenire in Niger con una sua forza militare nell’ottica di ristabilire l’ordine costituzionale. Un’eventualità questa, che sembra essere stata accantonata. L’iniziativa aveva avuto un forte impulso della Nigeria, presidente di turno dell’organismo regionale.
Il colpo di Stato che si è verificato in Niger è stato l’ottavo in tre anni nella regione del Sahel. Due interventi militari ciascuno hanno riguardato rispettivamente anche Mali e Burkina Faso. I due paesi condividono con Niamey la cosiddetta regione “delle tre frontiere”, epicentro di attività di gruppi armati separatisti e di ispirazione jihadista.
Così come successo a Bamako e a Ouagadougou, i militari nigerini hanno motivato il loro intervento anche con l’incapacità del governo di Bazoum di gestire la situazione della sicurezza. I tre paesi hanno costituito lo scorso mese un’alleanza militare per la «sicurezza del Sahel», oltre ad aver richiesto e ottenuto il ritiro di tutti i militari francesi presenti nei rispettivi territori.