In Madagascar la società civile ha lanciato una settimana di mobilitazione per protestare contro lo stallo istituzionale che si verifica nel paese quando mancano circa tre settimane al primo turno delle elezioni presidenziali.
Il voto si sarebbe dovuto tenere il 9 novembre ma è stato posticipato di una settimana dall’Alta corte costituzionale per ragioni che non sono state specificate. La decisione dell’organismo ha fatto seguito a una richiesta di rinvio da parte di un candidato rimasto ferito durante una manifestazione ma non in conseguenza di questa richiesta, che è stata rifiutata. Oggi un nuovo appello per un un ulteriore rinvio presentato dallo stesso politico, Andry Raobelina, è stato respinto.
Il 16 novembre quindi, circa undici milioni di cittadini malgasci aventi diritto si recheranno ai seggi per scegliere il loro capo di Stato fra 13 candidati, fra i quali il presidente uscente Andry Rajoelina, al momento dimissionario in conformità con quanto stabilito dall’ordinamento malgascio. Il secondo turno è previsto per il 20 dicembre e non è stato modificato dopo il rinvio deciso nei giorni scorsi.
Da settimane undici candidati si sono riuniti in un collettivo che di fatto boicotta la campagna elettorale. I politici in questione hanno infatti organizzato una serie di cortei di protesta in varie città del paese, a partire dalla capitale Antananarivo.
Il “collettivo degli undici”, come è stato ribattezzato, chiede il rinvio delle elezioni, l’istituzione di un tribunale elettorale speciale e il rinnovo della composizione della Commissione nazionale elettorale indipendente.
I candidati, fra i quali si annovera anche l’ex presidente Marc Ravalomanana, rovesciato con un golpe proprio dall’attuale presidente nel 2009, hanno anche lamentato la presunta non candidabilità di Rajoelina. Il capo di Stato, già presidente fra il 2009 e il 2014, non potrebbe presentarsi in quanto possessore della cittadinanza francese e quindi, in teoria, non più in diritto di mantenere quella malgascia secondo le leggi locali.
Il presidente ha rifiutato e ha smentito questa tesi e affermato che la doppia cittadinanza è invece compatibile con l’ordinamento malgascio.
Le manifestazioni convocate dal collettivo sono anche degenerate in scontri e nel ferimento di alcuni candidati, fra i quali Raobelina e lo stesso Ravalomanana.
Le proteste e le dispute giudiziarie hanno reso molto difficile il clima pre-elettorale nell’isola, abitata da poco più di 28 milioni di persone e situata nell’Oceano Indiano, circa 400 chilometri al largo delle coste del Mozambico.
L’appello della società civile
A partire da ieri la piattaforma Rohy, ma anche la filiale malgascia dell’organizzazione internazionale anti-corruzione Transparency International, fra le altre, hanno invitato i cittadini malgasci a cambiare le loro immagini di profilo sui social inserendovi un appello alle parti politiche: « I malgasci non si sacrificano: parlatevi subito».
Le organizzazioni della società civile hanno chiesto invece a partire da oggi di tenere per cinque giorni le bandiere a mezz’asta. Per domani, alle 12 ora locale, Rohy e le altre realtà promotrici hanno invitato la cittadinanza a protestare facendo il maggior rumore possibile per cinque minuti con qualsiasi cosa a loro disposizione: clacson delle auto, fischietti o pentole.
La speranza, si legge in un comunicato pubblicato su Facebook, è che «il messaggio e gli applausi dei malgasci giungano ai funzionari che hanno orecchie per ascoltare e che sono patriottici». Il popolo malgascio, si legge, «non può più sopportare una crisi provocata dai calcoli politici e gli egoismi di pochi individui».
L’obiettivo è che si arrivi all’organizzazione di «elezioni giuste e trasparenti accettate da tutti, che possano garantire pace e sviluppo a lungo termine in Madagascar».
Nelle scorse settimane la situazione nel paese ha attirato le attenzioni della comunità internazionale. In una nota le ambasciate e le rappresentanze diplomatiche di nove fra paesi ed enti internazionali, fra i quali gli Stati Uniti e la Francia ex potenza coloniale, si sono detti «preoccupati» rispetto alla situazione elettorale nel paese. Nella nota si lamenta anche «l’uso spropozrioanto della forza impiegato dalle autorità per disperdere le manifestazioni delle opposizioni».
Il Madagascar è un paese particolarmente vulnerabile a diversi fenomeni estremi provocati dai cambiamenti climatici, come la siccità e i cicloni. Stando ai dati della Banca Mondiale, circa il 79% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà di 2,15 dollari al giorno.