Nella Repubblica democratica del Congo il numero di persone sfollate è salito a quasi 7 milioni, circa un abitante del paese su 13. Si tratta del più alto numero di sfollati mai registrato. Circa l’80% di chi è stato costretto a lasciare la propria casa vive in tre province orientali, da anni epicentro di conflitti fra lo stato e milizie armate. A calcolarlo è l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM).
L’ente internazionale ha pubblicato una nuova mappatura degli sfollati di tutte le 26 province congolesi quando mancano meno di due mesi alle elezioni generali, fissate per il 20 dicembre.
I dati dell’OIM si basano su interviste fatte a quasi 68mila informatori qualificati in tutto il paese, oltre che sui dati raccolti nei centri di salute. I motivi principali per cui le persone lasciano i loro villaggi sono i conflitti e l’insicurezza.
Questa valutazione risulta evidente dalla distribuzione delle persone sfollate fra le province: 5,2 su 6,9 milioni si trovano nelle province orientali di Nord, Sud Kivu e Ituri; oltre 2,3 milioni nel solo Nord Kivu. Sono aree del paese prostrate da decenni di attività di milizie armate di vario tipo e ormai teatro di un’insicurezza endemica.
Dagli ultimi mesi del 2021 il Nord Kivu è teatro di una nuova offensiva del gruppo armato noto come M23. La milizia, secondo Kinshasa ma anche stando a diversi report delle Nazioni Unite, sarebbe sostenuta direttamente dal Rwanda. I combattimenti fra esercito e ribelli sarebbero responsabili di un terzo degli sfollamenti registrati nella provincia.
Stando a quanto riferito dall’OIM, circa 4,8 milioni di persone sfollate, oltre due terzi del totale, hanno trovato rifugio presso delle famiglie ospitanti.
L’organizzazione internazionale che si occupa di migrazioni ha inoltre evidenziato i bisogni urgenti degli sfollati dal punto di vista umanitario. L’OIM ha lamentato che sui 100 milioni di dollari richiesti ai donatori per far fronte alla crisi nel paese solo il 37% è stato finanziato.
Lo scenario delineato dal report è tragico dal punto di vista umanitario, ma nasconde anche un nodo politico rilevante se si pensa alle elezioni del 20 dicembre. L’insicurezza e i combattimenti con le milizie hanno reso molto complesse le operazioni di registrazione degli elettori nell’Rd Congo orientale. A poche settimane dalla data fissata per il termine delle procedure, in calendario per lo scorso aprile, grosse fette di cittadini aventi diritto non erano ancora stati inseriti nelle liste.
Via libera alla candidatura di Katumbi
Se la geografia dell’elettorato congolese resta motivo di preoccupazioni e di polemica, risulta ormai più chiaro il parterre dei candidati alla presidenza. La Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) ha accolto tutte le 24 candidature presentate, 23 uomini e una sola donna. Fra questi anche il presidente in carica Félix Tshisekedi, in corsa per un secondo mandato.
Da alcuni giorni la Corte costituzionale sta esaminando i contenziosi presentati rispetto ad alcune delle candidature.
È notizia di ieri l’approvazione da parte dell’Alta corte di una delle candidature più illustri, quella dell’esponente dell’opposizione Moïse Katumbi, imprenditore e politico di lungo corso già governatore della provincia meridionale dell’ex Katanga, uno dei forzieri minerari dell’Rd Congo, dal 2007 al 2015. Le richieste di annullamento della sua designazione come aspirante alla presidenza, basate sulle accuse di presunta doppia nazionalità, sono state respinte.