In Kenya e Tanzania la scorsa settimana è stata caratterizzata dalle visite, rispettivamente, di Carlo III re di Gran Bretagna e capo del Commonwealth, e del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier.
Il Kenya è stato il paese chiave della colonizzazione britannica nell’Africa orientale così come il Tanganica (Tanzania dal 1964 dopo l’unione con Zanzibar) lo è stato per l’impero tedesco.
Le due colonizzazioni, seppur molto diverse (sicuramente almeno per quanto riguarda i tempi: dal 1885 al 1922 quella tedesca in Tanganica, sostituita da quella britannica alla fine della prima guerra mondiale fino all’indipendenza nel 1961; dal 1895 al 1963 quella in Kenya) sono state contrassegnate da episodi che non si possono definire se non criminali, diventati parte fondante della storia e della costruzione dell’identità nazionale dei due paesi, in contrapposizione all’oppressione subita.
In Tanzania non possono dimenticare la repressione della rivolta Maji Maji, nelle regioni sudoccidentali del paese, che tra il 1905 e il 1097 fece tra i 200 e i 300mila morti, la maggior parte dei quali civili contro cui venne usata in modo premeditato l’arma della fame.
In Kenya è ancora vivissimo il ricordo della ribellione Mau Mau, acronimo usato in modo spregiativo dai colonizzatori della frase in lingua swahili “Mzungu aende ulaya, mwafrika apate uhuru” (Fa’ in modo che il bianco torni a casa, fa’ in modo che l’africano riguadagni l’indipendenza) e più tardi adottato con fierezza dagli stessi kenyani.
Tra il 1952 e il 1960 ci furono tra i 20 e i 30mila morti: 32 inglesi e il resto combattenti per la libertà, 1.090 dei quali condannati a morte per impiccagione. Decine di migliaia furono gli internati in un centinaio di campi di concentramento dove erano tenuti in condizioni degradanti. Nonostante le condizioni avverse, i Mau Mau portarono il paese all’indipendenza.
Il ricordo di questi episodi è ancora alla base di recriminazioni che, più o meno sottotraccia, fanno da filo conduttore ai rapporti tra i due paesi africani e i loro ex colonizzatori. E hanno aleggiato chiaramente anche sulle visite della scorsa settimana.
I commentatori locali hanno notato un diverso approccio al problema.
Re Carlo non ha presentato in modo diretto le scuse richieste nei giorni precedenti la sua visita dai familiari di chi era stato vittima delle politiche coloniali inglesi e dal paese tutto.
Charles Onyango-Obbo, su The East African, ha osservato che ha usato una ben nota tecnica britannica, quella di girare intorno al tema.
Nel discorso durante la cena ufficiale alla State House ha detto: «Gli errori del passato sono causa della più grande amarezza e del più profondo rammarico. Ci sono stati abominevoli e ingiustificati atti di violenza commessi contro i kenyani mentre erano impegnati in … una dolorosa lotta per l’indipendenza e la sovranità, e per questo non ci possono essere scuse».
I dettagli, cioè le aperture su eventuali risarcimenti sono state lasciate all’ambasciatore britannico a Nairobi, Neil Wigan, che in un’intervista al Daily Nation ha sottolineato come il senso delle visita fosse appunto l’impegno nei confronti di chi era stato danneggiato dalle politiche coloniali, alcuni dei quali il re ha incontrato personalmente.
Ma i problemi non riguardano solo il passato. L’esercito britannico ha una importante base nella zona di Nanyuki. I militari inglesi sono stati spesso accusati di malefatte nei confronti dei cittadini, e in particolare delle cittadine locali, di atti di intimidazione e di vandalismi più o meno volontari.
Su questi argomenti l’ambasciatore è stato molto “diplomatico”. Chi aspettava risposte non le ha avute.
Molto più diretto il discorso del presidente tedesco. «Ѐ importante per me che arriviamo alla fine di questo capitolo buio, e che ci arriviamo insieme».
Ha offerto di restituire le spoglie di eroi della resistenza anticoloniale che si trovano nei musei tedeschi e si è soffermato in preghiera nel memoriale della ribellione Maji Maji, onorandone il capo che era stato seppellito in una fossa comune in segno di disprezzo.
Ma l’atteggiamento di Berlino è in evoluzione positiva dal 2021, nota un articolo pubblicato sul The East African del 4 novembre. «Rispetto e onestà» nei rapporti di partnership, ha sintetizzato Svenja Schulze, ministra tedesca per la cooperazione economica e allo sviluppo. Assenza di paternalismo e lavoro con, non per, gli africani.
La Germania è uno dei maggiori partner economici della Tanzania e la visita di Steinmeier servira a rendere i rapporti anche più forti.
Rilevanti anche i rapporti tra il Kenya e il Regno Unito, che è la quinta più importante destinazione per i prodotti kenyani e tra i dieci più importanti partner per la cooperazione allo sviluppo.
Il presidente William Ruto lo ha sottolineato nei suoi discorsi durante la visita di re Carlo III e si è augurato che i due paesi continueranno a lavorare insieme per un miglior futuro per questa generazione e per quelle che verranno.
Le visite della scorsa settimana, in modi e con pregnanze diverse, hanno sicuramente contribuito a sgombrare il campo dai problemi del passato e ad aprire migliori prospettive per le relazioni future.
Sicché si può dire che il pellegrinaggio sulla scena dei crimini coloniali ha contribuito a rinsaldare anche altri legami, non ultimi quelli economici, che pure non erano direttamente nell’agenda dei giorni scorsi.