Nei paesi a basso reddito i costi sociali, ambientali e sanitari dei danni prodotti dai sistemi agroalimentari sono pari a oltre un quarto del prodotto interno lordo, mentre nei paesi ad alto reddito questa percentuale è inferiore al 10%. La denutrizione e la mancata distribuzione dei profitti, e quindi la povertà, costituiscono il problema principale nei paesi più poveri.
La criticità più rilevante per i paesi ricchi, e più in generale nel resto del mondo, è rappresentata dall’impatto di obesità e malattie non trasmissibili provocate da regimi alimentari poco sani, ricchi in zuccheri e cibi molto processati. Questi sono alcuni dei dati che emergono da un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).
Nel documento l’ente dell’ONU realizza per la prima volta una valutazione dei “costi nascosti” dei sistemi agroalimentari su scala nazionale in 154 paesi del mondo. La FAO chiarisce che la produzione e la distribuzione di cibo sono essenziali per l’umanità e che generano ricchezza e posti di lavoro oltre che conoscenza. Allo stesso tempo i sistemi agroalimentari, e le inefficienze nella loro gestione a livello economico e politico, producono una serie di danni sul piano sociale, ambientale e sanitario.
Con costi nascosti si intende una quantificazione economica degli impatti negativi della produzione e la distribuzione del cibo che non incidono direttamente sul costo di mercato di un prodotto alimentare ma che comportano invece delle spese indirette, come quelle sanitarie per le malattie non trasmissibili o quelle legate alla gestione dei danni provocati dall’inquinamento.
La FAO premette che i dati esposti nel rapporto, a cui seguirà un documento in cui si dettagliano linee guida per azioni politiche concrete, presentano un certo grado di approssimazione e sono da considerarsi parziali, anche a causa della mancanza di dati affidabili in alcune aree del mondo.
La stima dell’ente dell’ONU è che nel 2022 i costi nascosti dei sistemi agroalimentari siano stati non inferiori a dieci triliardi, ovvero 10mila miliardi di dollari. La cifra è in dollari a parità di potere d’acquisto, un sistema utilizzato per poter confrontare regimi monetari molto diversi fra loro.
A livello mondiale il 73% della stima presentata è rappresentata dalle conseguenze delle malattie provocate da regimi alimentari non salutari, come obesità, malattie cardiocircolatorie e non trasmissibili come il diabete. Questi disturbi porterebbero a una «perdita di produttività lavorativa», secondo la FAO. Il 23% è determinato dai costi connessi ai danni ambientali, come le conseguenze dell’emissione di gas inquinanti, mentre solo il 4% è costituito da costi nascosti sociali.
Questa composizione cambia radicalmente se si guarda ai paesi a basso reddito, a partire dall’impatto relativo che questi costi nascosti hanno sulle singole economie. Nei paesi più poveri infatti ammontano in media a circa il 27% del Pil, con picchi intorno al 75%, come nel caso della Repubblica democratica del Congo. Nei paesi a reddito medio-alto questa percentuale è dell’11% mentre nei paesi ad alto reddito dell’8%.
Il reddito dei lavoratori poveri deve aumentare
Nelle nazioni più povere (molte si trovano in Africa, come Madagascar, Etiopia, Niger e Uganda), i costi sociali costituiscono oltre il 50% del totale. La povertà e la denutrizione da sole portano a costi pari al 14% del Pil di questi paesi. Secondo quanto calcolato dalla FAO, per ovviare ai costi nascosticausati dalla distribuzione diseguale delle ricchezze prodotte dai sistemi agroalimentari, il reddito dei lavoratori poveri del comparto dovrebbe aumentare del 57% nei paesi a basso reddito e del 27% in quelli a basso e medio.
Sebbene i problemi sanitari connessi all’obesità o alle malattie non trasmissibili siano ancora poco rilevanti nei paesi poveri, si sta osservando un aumento dell’incidenza di questo fattore in quelli a reddito medio-basso, dove le possibilità economiche sono maggiori e quindi anche l’accessibilità ai cibi processati industriali.
Questo, come spiega anche il direttore della divisione economica agroalimentare della FAO David Laborde, rilanciato dal Guardian, avviene perché soggetti che hanno sofferto di denutrizione durante l’età della crescita si dimostrano poi più suscettibili a disturbi alimentari in età più avanzata. Questa criticità rischia quindi di aumentare di importanza ovunque nel mondo negli anni avvenire a causa della crescita economica dei paesi che ora sono più poveri.