Il Sudafrica pensa di inasprire le leggi che regolano l’accesso all’asilo e che determinano lo status dei rifugiati nel paese e di rivedere completamente la sua partecipazione alle convenzioni internazionali che sanciscono i diritti dei profughi. È quanto emerge da un white paper prodotto dal ministero degli interni nell’ottica di proporre una riforma della legislazione in fatto di immigrazione, cittadinanza e asilo.
Nel documento, redatto in quattro anni di lavori, si evidenzia la necessità di un cambio «radicale» dell’attuale ordinamento sudafricano e di una revisione della legge che «vieta il rifiuto di ingresso, l’espulsione o l’estradizione di richiedenti asilo e rifugiati».
Il testo invoca l’approvazione di una sola misura per disciplinare tutte e tre le questioni analizzate, a oggi affrontate in tre provvedimenti separati. Il testo è in gazzetta ufficiale da venerdì e sarà disponibile per i commenti dei cittadini fino a gennaio, mese in cui inizierà poi il suo iter per diventare la base di una nuova legge.
Le violenze xenofobe
La pubblicazione del white paper, si evidenzia all’interno dello stesso documento, segue le «forti e costanti» richieste di riforma che provengono da parte della società sudafricana e va compresa nel contesto delle violenze che da anni si verificano «fra cittadini sudafricani e stranieri». Secondo un osservatorio sviluppato dall’African Centre for Migration & Society (ACMS) e dall’università sudafricana di Witwatersrand, fra il 2010 e l’anno in corso nel paese oltre 300 persone sono rimaste uccise in violenze contro migranti e rifugiati motivate dalla xenofobia.
Il tema della migrazione e della sua gestione, stando a quanto riportano i media sudafricani, sarà uno dei temi più caldi delle prossime elezioni generali, in programma nel 2024.
Stando ai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in Sudafrica, 62 milioni di abitanti secondo l’ultimo censimento pubblicato il mese scorso, vivono poco più di 250mila fra rifugiati e richiedenti asilo, oltre il 95% del totale di tutti quelli che risiedono nei nove paesi che compongono l’Africa australe secondo l’ente dell’ONU. Le principali nazionalità di provenienza dei profughi che vivono in Sudafrica sono Burundi, Repubblica democratica del Congo, Rwanda, Sud Sudan, Somalia e Zimbabwe.
A partire dalla fine del regime dell’apartheid, terminato definitivamente con le elezioni del 1994, Pretoria ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, al Protocollo relativo allo status di rifugiato del 1967 e alla Convenzione sui rifugiati del 1969 dell’Unione Africana, all’epoca Organizzazione dell’Unione Africana (OUA). In linea con quanto stabilito da questi tre testi, la legge sudafricana vieta il rifiuto di ingresso, l’espulsione o l’estradizione di richiedenti asilo e rifugiati.
Come spiegato anche dal titolare del dicastero Aaron Motsoaledi, le conclusioni a cui è arrivato il white paper mirano a una modifica sostanziale di questa impostazione. Secondo il ministro, rilanciato dal portale di notizie Sa News 24, il governo che si è instaurato dopo l’apartheid, guidato allora dal partito che governa il Sudafrica anche oggi, l’African National Congress (ANC), ha commesso «il grave errore» di aderire alle convenzioni internazionali «senza alcuna riserva», nonostante questa possibilità sia prevista dai trattati in questione e a differenza di quanto deciso da «molti altri paesi».
Nel documento del ministero si sottolinea inoltre che il Sudafrica «non dispone delle risorse per garantire i diritti socio-economici previsti dalla Convenzione del 1951».
A rischio l’adesione alla Convenzione sui rifugiati
Da queste due valutazioni quindi, le richieste fondamentali che emergono dal white paper: «Il Sudafrica riveda e/o si ritiri dalla Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 con l’obiettivo di aderirvi con riserve come gli altri paesi; la legislazione sulla protezione dei rifugiati e sull’immigrazione preveda riserve ed eccezioni contenute nella Convenzione del 1951 e nella Convenzione dell’OUA del 1969».
Nel testo si chiede inoltre di «applicare in modo rigido» il principio del diritto internazionale secondo il quale un richiedente asilo deve fare la richiesta nel primo paese «sicuro» attraversato dopo l’uscita dal suo paese di origine e di non accettare quindi le domande che provengono da chi non rispetta questo criterio. Nel white paper si esorta inoltre a verificare in modo più stretto le ragioni dei richiedenti asilo che hanno fatto ingresso nel paese in modo non regolare.
Sul piano delle proposte, il ministero degli Interni invoca la creazione di un sistema di gestione delle richieste di asilo sul modello canadese, «veloce e virtuale», articolato in due divisioni a tempo pieno che si occuperanno rispettivamente di prendere in esame le domande e di gestire gli eventuali appelli fatti dopo i dinieghi. Dal punto di vista amministrativo il Sudafrica è in costante affanno nella gestione delle richieste d’asilo. Dal 2021 il governo di Pretoria e l’UNHCR hanno avviato un programma che mira a smaltire entro il 2024 circa 153mila pratiche arretrate.