Sud Sudan: verso le elezioni con preoccupazione - Nigrizia
Politica e Società Sud Sudan
La situazione nel paese resta di grande instabilità
Sud Sudan: verso le elezioni con preoccupazione
A 13 mesi dal voto, il primo dall’indipendenza, molte questioni cruciali restano irrisolte, con crescenti tensioni tra le due principali parti in campo e all’interno delle forze di sicurezza. Al momento nulla garantisce che le elezioni possano svolgersi in sicurezza e in modo organizzato e trasparente
22 Novembre 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti

In Sud Sudan il dibattito politico da mesi ruota attorno alle elezioni, annunciate dal presidente Salva Kiir per il dicembre del prossimo anno. Contestualmente ha anche dichiarato che si candiderà e, stante il clima del paese, si può facilmente prevedere che non perderà il posto che ricopre dal giorno dell’indipendenza, il 9 luglio 2011.

Sarebbero le prime elezioni nella storia del paese e dovrebbero mettere fine alla crisi apertasi con lo scoppio della guerra civile, nel dicembre del 2013.

Sono previste dall’accordo di pace firmato nel settembre del 2018 in cui si legge che avrebbero dovuto svolgersi alla fine di un periodo transitorio di tre anni.

Ma il parlamento sudsudanese ne ha rimandato lo svolgimento perché il paese non aveva realizzato i provvedimenti preparatori necessari che, per la verità, continuano a procedere con lentezza.

Questioni irrisolte

Tanto che il 16 novembre, in un briefing al Consiglio di sicurezza, Nicholas Haysom, speciale rappresentante delle Nazioni Unite nel paese, disse che «questioni critiche rimangono senza risposta. La loro risoluzione non richiede risorse materiali, solo la volontà politica di raggiungere compromessi e accordi».

Un giudizio preciso e tagliente che descrive senza sconti le difficoltà nei rapporti politici ancora esistenti tra le diverse parti in gioco.

Lo stesso giorno il generale in pensione kenyano Charles Tai Gituai, presidente della Ricostituita commissione di monitoraggio e valutazione (RJMEC, istituita per supportare le autorità sudsudanesi nella realizzazione dei provvedimenti previsti dall’accordo di pace), ha espresso preoccupazioni non dissimili davanti al Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana, cui ha chiesto di focalizzare l’attenzione sulle elezioni in Sud Sudan che si avvicinano accompagnate da molte aspettative e altrettanta ansia.  

Ha sottolineato in particolare il mancato raggiungimento di due precondizioni basilari: la preparazione, l’approvazione e la disseminazione della conoscenza della Costituzione permanente – «people-led and people-owned Permanent Constitution» – e l’unificazione delle forze armate del governo e dell’opposizione che, nella nuova veste di esercito nazionale, dovrebbero essere schierate a garanzia della sicurezza durante il periodo elettorale.

Ha poi chiesto il sostegno economico dei paesi membri per il funzionamento di altri organismi necessari recentemente costituiti: il Consiglio dei partiti politici (PPC), la Commissione nazionale per la revisione della costituzione (NCRC) e la Commissione elettorale nazionale (NEC).

Ha infine sollecitato la pressione diplomatica delle organizzazioni regionali e della comunità internazionale, necessaria perché il Sud Sudan si avvii a una tranquilla transizione democratica.

In sintesi, tra le righe si legge che, nonostante alcuni passi avanti nella preparazione, a 13 mesi dall’appuntamento con le urne, nulla garantisce che le votazioni possano svolgersi in sicurezza, in modo organizzato, libero e trasparente.

La preparazione delle elezioni si svolge, inoltre, in un contesto tutt’altro che sereno. La maggior forza di opposizione, guidata dal primo vicepresidente Riek Machar, ha più volte dichiarato che i tempi non sono ancora maturi per le elezioni.

Il presidente Kiir ha dichiarato che le elezioni si svolgeranno alla data da lui decisa e ha ammonito il rivale ad accettarne il risultato. Sembrerebbe una vera e propria sfida sul filo delle urne.

Milizie in armi

Gli accordi di pace non sono stati firmati da diverse forze di opposizione armata che continuano ad operare, seppur tenendo un basso profilo, almeno per ora, in diverse parti del paese.

La maggior parte siedono da anni ad un tavolo negoziale coordinato dalla comunità di sant’Egidio, a Roma. Ma per ora non ci sono stati esiti positivi.

Anche l’ultimo incontro, tenutosi all’inizio di novembre, si è risolto in un nulla di fatto. Tanto che il segretario generale dell’organizzazione, Paolo Impagliazzo, ha dichiarato che il prossimo round sarà convocato solo quando le parti avranno trovato un accordo su come procedere.

Conflitti intercomunitari e attacchi armati sono frequenti e sanguinosi. L’ultimo è dello scorso fine settimana. Il governatore dello Stato settentrionale di Warrap e un parlamentare della zona sono sopravvissuti ad una sparatoria durante una manifestazione per la pace nella contea di Gogrial Est.

Interessante notare che si tratta della zona di origine del presidente Salva Kiir, che avrebbe sollecitato la manifestazione personalmente.

Tensione a Juba

Per di più potrebbe esserci tensione tra diversi corpi delle forze di sicurezza del paese. Nella seconda settimana di novembre la capitale Juba e i suoi dintorni erano pesantemente pattugliati da numerosi uomini di diversi corpi dell’esercito e delle forze di sicurezza.

Per un paio di giorni sono circolate voci insistenti di un fallito tentativo di colpo di Stato, smentite immediatamente dalle autorità sud sudanesi.

Ma, secondo testimoni oculari, nelle strade era massiccia la presenza degli uomini del battaglione Tiger, la guardia presidenziale.

Alcuni giorni dopo è stato improvvisamente sollevato dall’incarico il comandante delle forze di polizia, generale Majak Akec Malok, immediatamente sostituito da un suo pari grado, generale Atem Marol Biar. Difficile pensare che tra i due fatti non ci sia nessuna relazione.

Secondo diversi osservatori, non è ancora scontato che le elezioni potranno svolgersi alla data annunciata dal presidente, a meno che il clima complessivo del paese non migliori nei prossimi mesi e le istituzioni deputate a organizzare la tornata lavorino alacremente, utilizzando in modo congruo i fondi che stanno chiedendo alla comunità internazionale.

Date le precedenti esperienze di malversazione pervasiva – la forma di governo sudsudanese è stata definita da molti osservatori come cleptocrazia – è probabile che quei fondi arrivino con il contagocce, rendendo molto difficile la messa in moto e il funzionamento globale della macchina elettorale.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it