Nella Rd Congo il risultato più atteso, anche se provvisorio, è quello della partecipazione al voto. Si potrà capire se i congolesi, esausti, (44 milioni gli elettori) hanno avuto un sussulto di cittadinanza o se, invece, hanno rinunciato in massa a esercitare un diritto che le istituzioni hanno più volte aggirato e manipolato.

La commissione elettorale (CENI) rimane sul vago, limitandosi a dichiarare che nella giornata di oggi saranno comunicati i risultati parziali delle presidenziali (per legislative, provinciali e comunali non c’è ancora nessuna indicazione ma lo spoglio è laborioso).

Il voto si sarebbe dovuto esercitare solo mercoledì 20 dicembre. Ma problemi tecnici ai seggi, ritardi nell’invio delle schede elettorali e una diffusa disorganizzazione ha indotto la CENI, presieduta da Denis Kadima, considerato molto vicino al presidente uscente Félix Tshisekedi, a prolungare le operazioni di voto anche nella giornata di giovedì 21.

Non si conosce ancora quanti dei 75mila seggi sparsi sul territorio nazionale sono rimasti aperti anche ieri. Si sa però che anche in parecchi seggi delle grandi città – la capitale Kinshasa, Lubumbashi e Goma – si è votato per due giorni.

Inevitabili le polemiche dell’opposizione – una ventina di candidati – che ha denunciato «irregolarità» e una «situazione caotica».

Essendo, quello presidenziale, un voto a turno unico, il presidente uscente Félix Tshisekedi è favorito, anche se i suoi cinque anni di governo sono da dimenticare.

Le figure che potrebbero contrastarlo sono Moïse Katumbi, già governatore della provincia del Katanga; Martin Fayulu, in corsa anche nel 2018 quando perse il testa a testa con Tshisekedi per decisione della Ceni; Denis Mukwege, medico, Nobel per la pace e punto di riferimento del nordest del paese attraversato da gravi conflitti.