L’iniziativa è promossa da “Yekatit 12–19 febbraio”, una rete informale di collettivi e individui attivi da anni sulla questione del passato coloniale italiano.
La manifestazione è iniziata lunedì 12 febbraio da Bologna, dove in un incontro ospitato dalla casa di quartiere Katia Bertasi ci si è interrogati su Perché non si parla del passato coloniale dell’Italia, mentre a Milano si è presentato il progetto Itinerari decoloniali.
Dibatttiti, presentazioni, mostre, letture e spettacoli sono previsti anche a Firenze, Modena, Napoli, Padova, Roma, Reggio Emilia, Ravenna, Siena e Bari.
Il nome della rete ricorda il giorno 12 del mese di Yekatit del calendario etiope, che in quello gregoriano corrisponde al 19 febbraio. In questa giornata, l’Etiopia celebra la memoria nazionale del massacro in cui migliaia di civili morirono per mano italiana, nel 1937, per una ritorsione dopo l’attentato fallito a Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, da parte di due partigiani della resistenza anticoloniale.
Tra le proposte della rete, diverse, come la già citata iniziativa milanese, sono dedicate a una riflessione sull’odonomastica e su altri elementi che, nella geografia delle città italiane, ricordano la storia coloniale. A Roma, due trekking partiranno alla scoperta delle tracce coloniali che ancora pervadono interi quartieri.
«Non pensiamo che sia importante cambiare nome alle strade, ma dire la ragione vera di certi nomi» dice, intervistato da Nigrizia, Silvano Falocco, co-autore con Carlo Boumis di Roma coloniale (Le commari edizioni, 2024).
«Spesso le didascalie che ci sono sotto certi nomi sono false, oppure omissive. Quando a Roma leggiamo “via Giarabub”, o “Largo Ascianghi”, non sappiamo che questi toponimi parlano di luoghi dove si è compiuto un massacro, e questo si potrebbe dire per tante vie e piazze della nostra e di altre città. Fare i conti con la storia del colonialismo serve a fare i conti con il razzismo».
È d’accordo Kwanza Musi Dos Santos, attivista dell’associazione Questa è Roma che raccoglie persone, molte di origine straniera, impegnate contro le discriminazioni: «Prima sapevamo del problema di elementi urbani delle nostre città che richiamano la memoria coloniale, ma non lo avevamo collegato al razzismo che viviamo oggi. È stato soprattutto durante le manifestazioni scaturite nel 2020 dopo la morte di George Floyd, quando tanti monumenti legati al passato di ingiustizia razziale degli Stati Uniti sono stati attaccati, che abbiamo iniziato a ragionare sul significato di avere anche qui statue e targhe che ricordano il passato coloniale».
Tra le altre presentazioni che rientrano nell’ambito dell’iniziativa, la rete segnala quelle de L’ascaro di Ghebreyesus Hailu (Tamu, 2023, traduzione di Uoldelul Chelati Dirar). Il romanzo, scritto in tigrino nel 1927, racconta di un giovane eritreo che decide di farsi ascaro e partecipare alla conquista italiana della Libia.
Infine, due fumetti raccontano il massacro di Addis Abeba: a Milano saranno esposte le tavole di “Yekatit 12” di Emanuele Giacopetti, mentre alcune immagini della graphic novel omonima di Andrea Sestante saranno proiettate a Modena.