Edizione 2023. Talenti e competenze nell’Europa del futuro
L’Europa27 sta affrontando cambiamenti legati alla transizione verde e digitale. Un processo che chiede anche una gestione più appropriata delle migrazioni legali, se si vogliono raggiungere, o perlomeno avvicinare, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (2030). Da qui muove il rapporto di Fondazione Leone Moressa, giunto alla 13ª edizione, che come sempre offre puntuali letture delle principali dinamiche dell’economia dell’immigrazione. Il rapporto spiega che, secondo la Commissione europea, questi cambiamenti richiedono nuove competenze che incideranno sul mercato del lavoro e sulle dinamiche socio-economiche.
E se l’Ue conosce non poche difficoltà, l’Italia si trova a fare i conti con un alto tasso di disoccupazione femminile e giovanile, e con un numero consistente di giovani che non lavorano né seguono un percorso di istruzione e di formazione. In tale contesto, la presenza immigrata in Italia rappresenta l’8% della popolazione, gli occupati stranieri sono 2,4 milioni (il 10,3%) e generano il 9% del Pil (154,3 miliardi di euro nel 2022), con picchi oltre il 14% in agricoltura e nell’edilizia.
Il fatto è che il nostro mercato del lavoro attrae soprattutto manodopera non qualificata, ma anche i lavoratori qualificati sono spesso inseriti in mansioni di basso livello, determinando una immobilità sociale che limita le opportunità di reale inserimento sociale e determina uno spreco di competenze.
Nel ricordare che gli scenari demografici dell’Italia portano a una tendenza insostenibile per il sistema economico – cioè alla parità numerica tra lavoratori e pensionati –, si sottolinea che l’immigrazione necessaria per porre un argine a questa deriva. Nell’aprire il rapporto, il demografo Massimo Livi Bacci fornisce alcuni numeri: su una popolazione mondiale di 8 miliardi (2022) i migranti internazionali sono 184 milioni (di questi 37 milioni sono rifugiati); e proiezioni al 2050 sulla popolazione dicono che di fronte a Europa e Nord America con 1,1 miliardi (+0,4%) troviamo l’Africa con 2,9 miliardi (+68,3%).
Davanti all’intreccio di problemi economici, demografici e sociali non ci sono ricette semplici né scappatoie ideologiche, tuttavia l’Europa e l’Italia sono chiamate a migliorare la capacità di attrarre e valorizzare talenti e competenze.
A proposito di talenti, una maggiore attenzione dovrebbe essere riservata alla mobilità internazionale degli studenti universitari. Si tratta di movimenti immigratori di soggetti qualificati, regolari e ordinati che l’Italia intercetta in misura modesta: sono 60mila gli studenti in entrata, pari al 3% della popolazione universitaria. Per migliorare questa percentuale sarebbe utile aumentare il numero di borse di studio. Il nostro paese stanzia 45 milioni di euro l’anno per le borse di studio a studenti internazionali, mentre la Germania 1,8 miliardi e la Francia 1 miliardo.
Anche sulla occupabilità degli studenti facciamo fatica. A cinque anni dall’entrata in Italia, solo il 15% degli studenti universitari stranieri è ancora presente, mentre in Germania si ferma il 60%. E sulla gestione complessiva delle migrazioni, viene segnalato che la Commissione europea ha elaborato proposte legislative che puntano alla revisione di due direttive: la direttiva 2011/98/UE, sul singolo permesso; e la direttiva 2003/109/EC, sui criteri del soggiorno di lungo periodo, che ora stanno discutendo il consiglio dei ministri e del parlamento europei. Si tratterebbe di semplificare il processo amministrativo necessario per ottenere il premesso di soggiorno per ragioni di lavoro.