La Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) festeggia oggi il 48° anniversario della sua proclamazione, avvenuta il 27 febbraio 1976 al momento in cui la Spagna lasciava definitivamente la sua colonia africana in balia dell’occupazione marocchina, a fronte di una difficile partita diplomatica.
Francia e Spagna hanno recentemente ribadito la loro scelta a favore della politica di Rabat.
Ieri, nel corso della sua prima visita nella capitale, Stéphane Séjourné, ministro degli Esteri francese del nuovo governo di Gabriel Attal, ha reiterato il sostegno di Parigi al piano di autonomia del Marocco per il territorio del Sahara Occidentale, nel corso di una conferenza stampa col suo omologo marocchino Nasser Bourita.
La dichiarazione è stata senza ombra di dubbio il pegno più prezioso per riportare a temperatura normale le relazioni diplomatiche che si erano congelate negli ultimi anni.
I motivi della crisi tra Parigi e Rabat sono stati molteplici, dal giro di vite sulla concessione dei visti ai cittadini marocchini a partire dal settembre 2021, al tentativo del presidente francese Macron di avvicinarsi all’Algeria, alla pretesa di Parigi di portare aiuti alla popolazione colpita dal terremoto nella zona di Marrakech, nel settembre dello scorso anno, nonostante il rifiuto del re Mohammed VI.
Ma sopra ogni cosa ancora una volta il Sahara Occidentale. Il Marocco occupa 3/4 del Sahara Occidentale al riparo di un muro con l’appoggio costante della Francia, ma questo non basta più da quando l’allora presidente Donald Trump si era espresso apertamente, nel dicembre 2020, per la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale per costringere Rabat a riallacciare le relazioni diplomatiche con Israele che riconoscerà a sua volta la sovranità di Rabat.
Il nodo algerino
La Francia insomma dovrebbe riconoscere esplicitamente la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, malgrado il piano di autonomia presentato all’ONU dal Marocco fin dal 2007, costituisca di fatto proprio questo riconoscimento. Ma una tale dichiarazione da parte di Parigi porterebbe alla rottura delle relazioni diplomatiche con l’Algeria, che la Francia non si può permettere.
Ad Algeri era bastato che il capo del governo spagnolo Sanchez nel marzo 2022 appoggiasse tale piano di autonomia, malgrado il parere contrario del parlamento, perché rompesse il trattato di amicizia con Madrid.
Sanchez sottostava in tal modo al ricatto di Rabat che ha usato nel maggio 2021 le pressioni migratorie su Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole sulla costa mediterranea del Marocco, per costringere Madrid ad allinearsi sulla questione del Sahara Occidentale, soprattutto dopo la crisi tra i due paesi, quando la Spagna aveva accolto il presidente della RASD e leader del Fronte Polisario Brahim Ghali in un suo ospedale.
Il rapporto tra Madrid e Rabat si è ulteriormente rafforzato una settimana fa con l’incontro di Sanchez con Mohammed VI che è servito a reiterare l’appoggio di Madrid al paino di autonomia e al progetto di gasdotto Nigeria-Marocco che, ricordiamolo, è in concorrenza col progetto algerino di gasdotto transahariano.
Di fronte a questo accerchiamento diplomatico la RASD continua a ricevere il tradizionale appoggio dell’Algeria, che ospita sul suo territorio i campi profughi sahrawi, e svolge un’intensa attività nei confronti dell’Africa.
Diplomazia a 360°
Come membro fondatore dell’Unione Africana, la RASD partecipa regolarmente ai suoi vertici, come quello appena tenuto il 17-18 febbraio che ha visto presente un’importante delegazione sahrawi.
La diplomazia sahrawi è a 360 gradi, come dimostra la recente visita, a metà febbraio, del presidente Ghali in Irlanda, o quella di una delegazione del Polisario in Russia, soprattutto dopo che Mosca si era astenuta sull’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza del 30 ottobre scorso, che ha prorogato di un altro anno la missione dei caschi blu.
Particolarmente attiva è poi l’attività diplomatico-giuridica che vede il Polisario attaccare in giudizio l’Unione Europea per i sui trattati col Marocco che ignorano il fatto che il Sahara Occidentale non appartiene a Rabat, e questi non ha dunque titoli per stipulare accordi che comprendono le risorse dei territori sahrawi che occupa.
Il Tribunale e la Corte dell’UE hanno più volte condannato questi trattati, senza che la Commissione europea si rassegni a prenderne atto. L’offensiva giudiziaria continua e l’avvocato del Polisario, Gilles Devers, ha recentemente affermato che questa ha raggiunto successi notevoli, come lo stop alla pesca europea nelle acque sahrawi a partire dal luglio dello scorso anno. Il prossimo 21 marzo la Corte dell’UE dovrà nuovamente pronunciarsi a seguito al ricorso dell’UE.
Stallo perenne all’ONU
È invece sul fronte delle Nazioni Unite che la questione del Sahara Occidentale si arena. Da una parte il Sahara Occidentale è iscritto nella lista dei territori non autonomi, con l’Assemblea generale che ogni anno reitera la sua risoluzione sulla sua decolonizzazione, dall’altra le risoluzioni del Consiglio di sicurezza – che aveva approvato il principio di un referendum di autodeterminazione e che per questo aveva dispiegato i caschi blu della MINURSO – sono rimaste senza conseguenze.
Uno slittamento progressivo ha fatto togliere dalle risoluzioni stesse la parola referendum, a favore di una soluzione politica reciprocamente accettabile da parte del Marocco e del Polisario, rimasta anch’essa senza conseguenze.
Nei territori occupati dal Marocco la situazione è invece in perenne degrado sia per la repressione, sia per le condizioni dei prigionieri politici, come sottolineato anche in una recente lettera di Brahim Ghali al segretario generale dell’ONU Guterres.