Lo scorso settembre, 30 richiedenti asilo hanno compiuto il viaggio di 190 miglia nautiche da Tobruk, in Libia, all’isola greca di Gavdos e alla costa meridionale di Creta, appena sopra di essa. Il numero è salito a 397 a dicembre e ha superato 1.100 nei primi due mesi del 2024.
Il picco degli arrivi di migranti dal paese nordafricano, devastato dalla guerra, sta ponendo una nuova sfida per le autorità greche.
Nuove rotte?
Una spiegazione del fenomeno è che i trafficanti di migranti stanno provando nuove rotte dopo che le pattuglie sul confine marittimo greco-turco sono state rafforzate all’inizio dell’anno a seguito di un accordo tra Atene e Ankara.
I numeri, tuttavia, non supportano questa tesi, poiché i dati ufficiali mostrano che le isole dell’Egeo orientale hanno accolto circa 8mila richiedenti asilo dall’inizio dell’anno, rispetto a circa 3mila nello stesso periodo del 2023, con un aumento del 166%. È la prova che la rotta del Mediterraneo orientale è tutt’altro che chiusa.
Le conseguenze dell’accordo Italia-Haftar
Un’altra spiegazione per l’impennata degli sbarchi a Gavdos e a Creta potrebbe risiedere in una serie di contatti avvenuti negli ultimi mesi tra il governo italiano e Khalifa Haftar, il comandante dell’Esercito nazionale libico (Lna), con sede a Tobruk e che controlla la Libia orientale e il porto, il principale punto di lancio delle navi migranti che raggiungono l’Egeo meridionale.
È risaputo che lo scorso anno il primo ministro italiano Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani si sono incontrati con Haftar a Roma per discutere dei flussi migratori dal paese nordafricano verso l’Italia, poiché il numero di arrivi è aumentato tra gennaio e maggio 2023 fino a circa 16.600.
Ma anche recentemente il ministro dell’interno Matteo Piantedosi si è recato a Bengasi per omaggiare la famiglia Haftar elogiando il ruolo de Lna «nel combattere il terrorismo e l’estremismo, e per i suoi significativi sforzi tesi a ridurre l’immigrazione clandestina».
Il controllo criminale
Questi colloqui di Roma con i signori della guerra della Libia orientale hanno prodotto risultati. Subito dopo, infatti, una forza di nuovi motoscafi gestita dalla cosiddetta Brigata Tariq Ben Zeyad – un’organizzazione paramilitare e criminale guidata dal figlio di Haftar, Saddam – ha iniziato a inseguire le barche di migranti in partenza dalla Libia verso Italia.
Secondo alcuni rapporti, le barche vengono rimorchiate e i loro passeggeri incarcerati e torturati. Uno di questi inseguimenti è stato ripreso dalle telecamere di Frontex la forza di sicurezza delle frontiere dell’Ue. Frontex ha segnalato una riduzione del 70% degli attraversamenti irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale (dalla Libia all’Italia) e un aumento del 117% dei flussi nel Mediterraneo orientale.
Naufragio di Pylos
Inoltre, diverse inchieste mediatiche (Lighthouse Reports, Der Spiegel, El Pais, Reporters United) hanno rivelato che uno dei più potenti trafficanti di migranti di Tobruk agisce agli ordini di Haftar. La sua banda è stata effettivamente identificata come responsabile del naufragio al largo della costa di Pylos, nel Peloponneso meridionale, lo scorso giugno, che ha portato alla morte più di 600 migranti e rifugiati.
I media internazionali hanno parlato con diversi sopravvissuti al naufragio e molti hanno nominato i principali trafficanti coinvolti nell’organizzazione del viaggio. Alcuni erano cittadini della Libia orientale con legami con Haftar. Sopravvissuti, addetti ai lavori e analisti hanno spiegato che il viaggio è stato organizzato con il vasto sostegno di persone potenti che fanno capo ad Haftar.
La maggior parte dei migranti salvati al largo delle coste di Gavdos e Creta vengono portati in centri di accoglienza improvvisati prima di essere trasportati nel campo di Malakassa, a nord di Atene. Secondo la guardia costiera, la maggior parte di loro sono egiziani, pakistani, palestinesi, afgani, iraniani e iracheni.