Dopo mesi di colpi di scena, ora stupisce l’avere tutte le risposte alle domande di base sulle elezioni presidenziali in Senegal.
Quando si vota? Il 24 marzo.
Il presidente in carica Macky Sall si presenta per un terzo mandato? No. Anche se, sostiene che la costituzione glielo avrebbe consentito.
E Ousmane Sonko, il leader dell’opposizione: lui si candida? No, nemmeno lui. Una condanna per diffamazione gli ha precluso l’iscrizione nelle liste elettorali.
Chi sono i principali candidati? Due: Amadou Ba, delfino del presidente uscente Macky Sall; e Bassirou Diomaye Faye, braccio destro di Sonko.
Karim Wade, capo del Partito democratico senegalese (Pds), sarà tra i candidati? No. La sua candidatura è stato respinta, nonostante abbia provato in mille modi a fare ricorso.
Sonko e Faye faranno campagna elettorale dalla prigione? No, sono stati scarcerati una settimana fa, grazie ad una legge d’amnistia.
Per ottenere queste risposte a due giorni dal voto, ci sono voluti: tre anni; una batteria di processi giudiziari; circa 60 manifestanti uccisi; 1,000 e qualcosa prigionieri politici; ed uno scontro mai visto prima in Senegal tra la Presidenza e il Consiglio costituzionale da far temere per la tenuta del paese.
Pronostici?
Una domanda rimane – come è giusto che sia – inevasa: chi vincerà? Entrambi i schieramenti hanno dichiarato di aspettarsi una vittoria al primo turno. Un esito che sembra nettamente più alla portata dell’opposizione che della maggioranza attuale.
Anche in assenza di sondaggi (vietati per legge in Senegal dal 1986), è innegabile che l’opposizione sia uscita dalla fase di turbolenza politica con il vento in poppa.
Di fatto la loro strategia di scontro frontale degli ultimi tre anni ha avuto successo.
Lo stesso non si può dire della coalizione di governo, la Benno Bokk Yakaar (BBY). La guida ferma, ma a dir poco maldestra di Macky Sall, le ha fatto collezionare una serie di figure imbarazzanti. Dalle sconfessioni del Consiglio costituzionale sul rinvio della data delle elezioni; ai dubbi processi contro Sonko, al balletto sul suo potenziale terzo mandato.
Nonostante l’opposizione sia più forte che mai, non è detto che riesca ad imporsi al primo turno, superando il 50% dei voti. Alle ultime elezioni presidenziali, Pastef, il partito fondato da Sonko e ora rappresentato da Faye, ottenne il 15,7%. Il balzo in avanti da compiere non è di poco conto.
Nel caso non ce la faccia, si andrà al secondo turno, dove bisognerà tenere d’occhio i candidati minori.A ricoprire questo ruolo, sono due volti arcinoti della politica nazionale: Khalifa Sall, ex-sindaco di Dakar e leader di una piattaforma da lui fondato, Taxawu Senegal; e Idrissa Seck, ex-Primo Ministro, arrivato secondo alle ultime elezioni con il suo proprio partito Remwi. In caso di (un improbabile) testa a testa tra i due schieramenti, saranno loro a far pendere l’ago della bilancia.
Il Pds di Wade a sostegno di Faye
Solo poche ore fa, si è sciolto invece un altro dubbio riguardo un altro attore partitico di peso: il Pds di Karim Wade, uno dei protagonisti del rocambolesco febbraio appena passato.
Era una scelta tutt’altro che scontata. Nell’ultimo anno, Wade si era avvicinato alla coalizione di governo di Sall, divenendo uno dei pilastri strategici in funzione anti-Sonko. Ma quella strategia era clamorosamente andata in fumo a fine gennaio, con il rigetto della sua candidatura da parte del Consiglio costituzionale a causa della sua doppia nazionalità francese.
Saltato quel piano, ci si chiedeva se sarebbe rientrato nei ranghi anti-Sall, in cui è stato per anni. La risposta è arrivata nel pomeriggio di questo 22 marzo, a meno di 48 ore dal voto. Con un comunicato, il Pds ha annunciato che «la nostra formazione politica ha scelto di apportare il suo sostegno totale alla coalizione di Diomaye Faye per lo scrutinio presidenziale di domenica».
Con questa presa di posizione, le possibilità di vincere del candidato di governo Amadou Ba si riducono al lumicino.
Sonko anti-francese e anti-occidentale: fino a che punto?
A rendere eccezionali queste elezioni, contribuisce anche un altro elemento: il programma di Pastef, il partito di Sonko-Faye, sciolto dal governo il luglio scorso. È una forza politica esterna alle dinamiche dei partiti che hanno dominato la vita del paese dall’indipendenza del 1960 ad oggi. Lo è sia per biografia (Sonko lo ha fondato nel 2014), sia per le sue posizioni ostili al rapporto privilegiato con la Francia, che accusa di portare avanti la françafrique, la politica neo-coloniale di sfruttamento dei suoi ex-territori.
Non ha sorpreso quindi vedere Sonko, nel suo primo comizio post-liberazione, riprendere il dibattito sul franco Cfa, la moneta nazionale usata nell’Africa occidentale e ancorata all’euro (un tempo lo era al franco francese).
«La nostra linea d’azione è sempre stata quella di dire che c’è un problema con questa valuta e che non si allinea con i nostri imperativi di sviluppo. Il 90% dei paesi del mondo ha la propria moneta e se la cava. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità per andare verso qualcos’altro. Ma lo faremo prima di tutto nel contesto di discussioni» ha dichiarato.
Criticare il franco Cfa e la Francia è sempre stato un esercizio delicato in Senegal, che rimane uno degli alleati principali di Parigi nella regione.
Esporre le stesse critiche lo è ancora di più al giorno d’oggi, in tempi di regimi militari in Mali, Burkina Faso, Niger e Guinea, che hanno fondato la loro legittimità popolare sulla denuncia della françafrique.
La corsa al gas e petrolio
Seguire questa scia da parte di Dakar preoccupa non poco le compagnie straniere che quest’anno sperano di iniziare ad estrarre gas e petrolio dal giacimento offshore nelle coste senegalese. Si attende una manna economica. La Banca Mondiale stimava un raddoppio del Pil del paese tra il 2022 e il 2024, se l’estrazione fosse iniziata come da piano iniziale.
Conscio di ciò, Faye negli ultimi giorni si è premurato di rassicurare gli investitori stranieri, dichiarando che un Senegal sotto la loro guida rimarrebbe incline al business internazionale come lo è ora.
Essere un outsider, ed essere stato finora solo all’opposizione, ha permesso al fu Pastef di denunciare l’operato del governo. Molti osservatori politici criticano il suo ricorso a soluzioni semplici per problemi complessi, attingendo dal bagaglio populista.
A breve, Faye e Sonko potrebbero avere l’occasione di mettersi alla prova come forza di governo, e non solo di opposizione.