Prima produttrice mondiale di cobalto e terza di rame, la Repubblica democratica del Congo è al centro delle politiche di transizione energetica legate, in particolare, alla produzione di batterie per numerosi articoli domestici, compresi i veicoli elettrici. Ma le ripercussioni per le popolazioni locali di questa corsa alle energie verdi sono molto negative. A causa, soprattutto, dei rilasci tossici nell’aria e nei corsi d’acqua.
Agricoltori e donne tra le principali vittime
Queste conclusioni sono il frutto di uno studio durato 19 mesi e condotto in 25 città e paesi vicini a 5 delle più grandi miniere di cobalto e rame congolesi. Ricerca pubblicata il 27 marzo e intitolata Beneath the Green: A critical look at the cost of industrial cobalt Extraction in RDC.
Sponsorizzato dall’organizzazione britannica Rights & Accountability in Development (Raid) e dalla ong African Resources Watch (Afrewatch), con sede a Kinshasa, lo studio è stato condotto da scienziati del dipartimento di tossicologia e ambiente dell’Università di Lubumbashi. Hanno analizzato campioni di diversi fiumi vicino alle miniere, rivelando in particolare che i fiumi Katapula e Kalenge sono “iperacidi”, mentre i fiumi Dipeta e Dilala sono “molto acidi”. Quattro fiumi sono quindi tossici per la salute umana e animale, in particolare per quella dei pesci.
Utilizzo di cobalto e rame
Il cobalto è un minerale fondamentale per la transizione energetica verde. È utilizzato nelle batterie ricaricabili dei veicoli elettrici e si trova principalmente in Rd Congo, che detiene circa il 70% delle riserve mondiali, si legge nell’introduzione della ricerca. Viene estratto come sottoprodotto del rame, un altro minerale fondamentale. L’88% del cobalto dell’Rd Congo è prodotto da miniere industriali gestite da alcune delle più grandi società minerarie del mondo; il restante 12% proviene da minatori artigianali.
Su un campione di 144 residenti intervistati, quasi tutti (il 99%) hanno deplorato il calo dei rendimenti agricoli e le ridimensioni delle aziende agricole a causa dell’inquinamento, con conseguente riduzione del reddito della popolazione. Il 59% di loro ha inoltre dovuto ridurre la propria dieta a un pasto al giorno e ha ritirato i propri figli da scuola per mancanza di denaro. E il 75% dichiara di non avere più mezzi sufficienti per accedere alle cure sanitarie o acquistare medicinali. Le persone intervistate collegano questo peggioramento delle loro condizioni di vita al boom dell’estrazione del cobalto.
Aumento degli aborti
Ma un dato ancora più clamoroso riguarda le donne e le ragazze che vivono nelle comunità minerarie: è segnalato un aumento «sconcertante» di gravi problemi di salute riproduttiva, inclusi aborti e difetti congeniti.
Le donne e le ragazze intervistate hanno riferito di aver avuto mestruazioni irregolari, infezioni urogenitali, micosi vaginali e verruche.
«Un pediatra, che dal 2016 registra i dati dei pazienti, ha spiegato che sono esplosi i tassi di infezioni genitali e patologie cutanee», si legge nella ricerca. A suo avvio ciò dipende dal fatto che queste popolazioni sono le principali utilizzatrici di «acqua impura, il che le rende particolarmente vulnerabili alle malattie».
Più della metà degli intervistati (56%) ha espresso preoccupazione per la propria salute riproduttiva o quella dei membri della famiglia.
Sfruttamento intensivo
La quota di sfruttamento globale dell’Rd Congo ha continuato ad aumentare negli ultimi anni, così come le esportazioni congolesi, che hanno raggiunto il picco di 140mila tonnellate nel 2023, secondo le statistiche ufficiali. Un esempio sono le riserve di cobalto della cintura di rame del Katanga, che ammontano a circa 5 milioni di tonnellate, rendendola il più grande giacimento al mondo.
Questa crescita è guidata dalla crescente domanda globale del minerale.
«Il mondo ha bisogno del cobalto congolese per raggiungere gli obiettivi delle emissioni nette zero. Ma la transizione energetica non va a beneficio delle centinaia di migliaia di congolesi che vivono all’ombra delle grandi miniere industriali di cobalto. Non guidano veicoli elettrici e non beneficiano di un ambiente sano», la denuncia di Emmanuel Umpula, direttore esecutivo di Afrewatch.
Impegno insufficiente delle compagnie minerarie
Non sono recenti le accuse di inquinamento ambientale contro le miniere di rame e cobalto. Numerosi studi e rapporti hanno più volte sottolineato la responsabilità delle compagnie minerarie per la persistenza del problema. Ma loro hanno sempre assicurato il rispetto delle norme ambientali in vigore nel paese africano e ritengono, in particolare, che gran parte della responsabilità della situazione cada sulle vecchie miniere e l’estrazione artigianale.
In queste condizioni spetta alle autorità individuare meglio le responsabilità per poi poter sanzionare chi inquina. In un rapporto pubblicato nel 2013, l’organizzazione belga International Peace Information Service (Ipis) aveva già messo in guardia sulla responsabilità dello stato, sottolineando che gli abusi societari si perpetuano a causa della mancata applicazione della legge da parte dello stato congolese.