Le esportazioni di coltan, minerale essenziale nell’industria elettronica e presente nei nostri computer e smartphone, dalla Repubblica democratica del Congo hanno raggiunto le 1.918 tonnellate nel 2023. Molte. Tuttavia, la vera notizia, la sorpresa, è che il vicino Rwanda ne ha esportate 2.070 tonnellate.
Senza avere, diciamo così, molte miniere.
I dati sono quelli elaborati dall’Agenzia Ecofin in base alle statistiche ufficiali di entrambi i paesi. Si tratta della quinta volta dal 2014 che il Rwanda esporta più coltan dell’Rd Congo. Anche se – principalmente nell’area orientale del paese, quella confinante con il Rwanda – dalle numerose miniere, soprattutto artigianali, si estrae il 70% del coltan mondiale.
Valori decennali
Nel corso del decennio, Kinshasa ha raggiunto il suo picco nel 2020, con 2.466 tonnellate esportate. E i volumi di esportazioni consolidati in 10 anni mostrano che l’Rd Congo rimane in testa con 17.330 tonnellate, contro le 15.374 tonnellate Kigali.
Ma l’Agenzia Ecofin si premura subito di sottolineare che «i dati citati non tengono conto dei circuiti di esportazione del contrabbando nei due paesi, che sfuggono al controllo delle autorità». Sappiamo come il coltan sia ampiamente sfruttato in modo artigianale, in particolare nelle regioni del Nord e del Sud Kivu, dove la presenza di gruppi armati e una diffusa corruzione rendono difficili i controlli. «Il contrabbando è alimentato anche dalle multinazionali che prestano poca attenzione alla provenienza del coltan che acquistano», scrive l’agenzia.
Una valutazione che si basa su un rapporto (Estrazione e commercio illecito di coltan nella Repubblica democratica del Congo) pubblicato nel marzo 2022 da Enact, nell’ambito di uno studio su come combattere la criminalità organizzata transnazionale.
Coltan da aree controllate da gruppi armati
Si legge: «Un’indagine delle Nazioni Unite ha rivelato che molte stazioni commerciali acquistano consapevolmente coltan da aree controllate da gruppi armati e sfruttano la distinzione tra loro e i commercianti per affermare di ignorare l’origine del minerale […]. Le compagnie internazionali trasportano poi il minerale direttamente al paese di destinazione o riesportarlo attraverso l’Uganda e il Rwanda verso impianti di lavorazione all’estero».
Il documento evidenzia come il Rwanda sia la via preferita per il commercio illecito di coltan. Kigali non tassa le esportazioni di minerali e consente la riclassificazione dei beni importati come «made in Rwanda» a condizione che subiscano una lavorazione nel paese con un valore aggiunto pari ad almeno il 30%. «È quindi probabile che la maggior parte del minerale esportato dal Rwanda sia di origine congolese», conclude Enact.