Bate Urgessa, quarantunenne funzionario politico e leader di rilievo dell’opposizione Fronte di liberazione oromo (Oromo Liberation Front – OLF), è stato ucciso il 9 aprile scorso a colpi d’arma da fuoco nella sua città natale, Meki, nella zona orientale dello Shoa, nello stato-regione dell’Oromia.
Fonti locali hanno confermato che il suo corpo è stato abbandonato ai bordi di una strada della città. Secondo la famiglia di Bate, il leader politico era stato prelevato da una camera d’albergo in piena notte da individui che “sembravano forze di sicurezza governative”.
Il Fronte di liberazione oromo ha condannato “il brutale omicidio”, descrivendo Urgessa come “anima oromo eloquente, altruista e coraggiosa”. E nel comunicato ha aggiunto: “L’uccisione ingiustificata ed extragiudiziale di numerose figure politiche e culturali oromo fa parte di operazioni sistematiche e irresponsabili finalizzate a mettere a tacere gli oromo nel corso di decenni”.
La Commissione etiopica per i diritti umani (EHRC) ha chiesto un’indagine tempestiva, imparziale e completa sull’omicidio, da parte sia della regione dell’Oromia che delle autorità federali, per individuare e giudicare i responsabili.
Bate Urgessa era stato rilasciato dal carcere a marzo, dietro cauzione, dopo una detenzione di due settimane con l’accusa di “cospirazione con due gruppi armati – l’OLA-Shene e la milizia FANO – per incitamento a disordini nella capitale Addis Abeba”.
Era stato arrestato dalle forze di sicurezza insieme al giornalista francese Antoine Galindo mentre costui lo intervistava ad Addis Abeba il 22 febbraio scorso. Lo stesso giornalista francese era stato liberato dopo una settimana di prigione.
In precedenza Bate aveva trascorso vari anni dentro e fuori dal carcere. Aveva raccontato di un’esperienza terribile in diversi centri di detenzione informali in città come Mojo, Awash Melkasa, Gelan, Sebeta e Burayu, tutti nella regione dell’Oromia.
Secondo le dichiarazioni dell’OLF, vari membri del partito d’opposizione sono stati e sono tuttora tenuti in isolamento nel campo di Sololia, nella città di Gelan, dalle forze speciali dell’Oromia. La maggior parte di loro vive in condizioni esecrabili e viene loro negata la visita dei familiari.
Il governo regionale dell’Oromia, dal canto suo, in una dichiarazione ha condannato l’uccisione, affermando tuttavia che “la propaganda insiste nel responsabilizzare il governo, accusa in nessun modo accettabile”.
E ha messo in guardia contro la diffusione di affermazioni infondate aggiungendo: “È impossibile attribuire a qualcuno la responsabilità dell’omicidio finché le forze di sicurezza non indagheranno e non lo annunceranno al pubblico”.
Negli ultimi anni l’Etiopia ha visto un aumento delle incarcerazioni e delle uccisioni di personalità oromo del mondo politico e culturale.