La Corte penale speciale (Cps), sostenuta dalle Nazioni Unite e di base a Bangui, ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti dell’ex presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé per crimini contro l’umanità commessi dalle forze armate nazionali tra il 2009 e il 2013. I presunti crimini includono omicidio, sparizione forzata di persone, tortura, stupro e altri atti disumani.
Bozizé, 77 anni, aveva preso il potere in Africa centrale nel 2003 con un colpo di stato ed era stato rovesciato 10 anni dopo. Ora è alla testa dell’opposizione e vive in esilio in Guinea-Bissau dal marzo 2023. Il mandato internazionale è stato emesso il 27 febbraio ma annunciato solo due giorni or sono, secondo la dichiarazione del Cps, istituito nel 2015 con il patrocinio dell’Onu.
Questo tribunale chiede la collaborazione della Guinea-Bissau per “l’arresto” e “la consegna del sospettato”. La corte è incaricata di indagare sui crimini di guerra commessi dal 2003 nel paese, che ha sopportato guerre civili e regimi autoritari dall’indipendenza dalla Francia nel 1960. I magistrati della corte stanno indagando su possibili “crimini contro l’umanità” commessi dalla guardia presidenziale di Bozizé tra febbraio 2009 e marzo 2013 in una prigione civile e in una struttura di addestramento militare nella città centrale di Bossembélé. I giudici hanno concluso che esistevano «prove serie e coerenti contro Bozizé, tali da confermare la sua responsabilità penale, in quanto responsabile politico e capo militare».
Un no secco da Bissau
Amnesty International, per bocca di Samira Daoud, direttrice regionale per l’Africa centrale e occidentale, ha comunicato che il mandato «costituisce un passo incoraggiante nella ricerca di giustizia per le vittime di numerosi crimini commessi nella Repubblica Centrafricana». E ha sollecitato la Guinea-Bissau a consegnare Bozizé «senza indugio» alle autorità centrafricane. Per adesso però, le notizie che giungono da Bissau vanno in tutt’altra direzione. Il presidente guineano Umaro Sissoco Embaló ha affermato che l’ordinamento del suo paese «non prevede l’estradizione». Il capo dello stato ha aggiunto, sempre in riferimento a Bozizè: «Quello che sappiamo è che da quando è arrivato in Guinea-Bissau non ha creato alcun problema. È qui in esilio, come anche noi, durante la nostra lotta per l’indipendenza, abbiamo avuto esuli in altri paesi». L’ex presidente centrafricano è stato accolto dal paese guidato da Embalò come rifugiato nel marzo 2023 e nell’ambito di un accordo che ha visto il coinvolgimento anche del Ciad – precedente paese di residenza di Bozizè – e dell’Angola, oltre che la mediazione di organismi regionali. Embalò ha reso nota l’intenzione di chiarire la faccenda con l’omologo centrafricano Faustin-Archange Touadéra.
La guerra civile
La cosiddetta seconda guerra civile centrafricana scoppiò fra la fine del 2012 e i primi mesi del 2013, quando una coalizione armata a maggioranza musulmana, Seleka, ha spodestato Bozizé. L’ex presidente era stato accusato di non riuscire a far rispettare quanto stabilito negli accordi di pace che si erano resi necessari dopo un’altra fase di conflitto civile scoppiata nel 2004. Bozizé rispose agli insorti formando una milizia composta per lo più da persone cristiane e animiste, nota come anti-Balaka, per riconquistare il potere. Migliaia di civili sono stati uccisi nei combattimenti, ed entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra e crimini contro l’umanità dalle Nazioni Unite.
Il conflitto ha perso di intensità dopo il 2018. Nel dicembre 2020 però, Bozizè ha formato una nuova alleanza di gruppi ribelli chiamata Coalizione dei Patrioti per il Cambiamento (CPC), costituita nel tentativo di rovesciare il suo successore, Faustin-Archange Touadéra. Come noto, Touadéra ha chiamato in soccorso mercenari di Wagner e altri agenti russi per combattere i ribelli. Bozizé era già stato condannato in contumacia lo scorso settembre ai lavori forzati a vita per cospirazione, ribellione e omicidio.