Bolloré alla conquista delle tv africane - Nigrizia
Politica e Società Sudafrica
Il gruppo del magnate francese verso l’acquisizione della sudafricana MultiChoice
Bolloré alla conquista delle tv africane
Dopo essersi garantito una posizione dominante nell’Africa francofona, il “Murdoch d’oltralpe” punta al mercato di lingua inglese e portoghese. Un’espansione che alimenta il timore di utilizzo dei media per la diffusione di contenuti politici (di estrema destra) creati ad hoc
22 Maggio 2024
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 5 minuti
Vincent Bplloré

L’ascesa del “Rupert Murdoch francese” – così Vincent Bolloré è stato definito dai media – prende di mira le reti televisive africane. L’imprenditore – a capo dell’azienda di famiglia, il Gruppo Bolloré – intende acquistare la sudafricana MultiChoice, che possiede marchi importanti come DStv, SuperSport e Showmax.

Un passo notevole per una holding da un fatturato di circa 25 miliardi annui, che possiede una rilevante partecipazione di controllo in Vivendi e il colosso televisivo francese Canal+.

Dunque, quello che è già il più grande fornitore di televisione satellitare nell’Africa francofona si andrebbe ad avvantaggiare della proprietà dell’altro grande fornitore del continente, MultiChoice appunto.

Da giugno dello scorso anno ne possedeva il 32,6% del capitale e a maggio ne è diventato il maggior azionista, con il 45,2%. Ora – afferma The Continent – la commissione per la concorrenza del Sudafrica sta esaminando la proposta di acquisizione, che valuta MultiChoice a 2,9 miliardi di dollari. Una fusione – secondo Vivendi – necessaria per competere non solo con gli operatori televisivi satellitari, ma anche con i giganti dello streaming Netflix e Disney+.

Comunque sia, questo vorrà dire che l’influenza del magnate e del suo gruppo non sarebbe più circoscritta all’Africa francofona ma anche a quella anglofona e portoghese. La MultiChoice Group, infatti, un paio di anni fa ha lanciato canali in portoghese trasmessi in Mozambico e in Angola.  

Nel totale la tv satellitare sudafricana conta 20 milioni di abbonati e insieme, MultiChoise e Canal+ rappresentano l’89% degli abbonati in Africa. Molto di più del terzo principale attore di mercato del continente, StarTimes, di proprietà cinese, che mira a 19 milioni di abbonati entro il 2028. Una cifra davvero esigua confrontata ai due colossi e nonostante i costi di abbonamento ultra competitivi.

Il “sistema Bolloré” e la propaganda di estrema destra

Ma a parte le considerazioni su posizioni dominanti, a scatenare preoccupazioni e polemiche è il “carattere” dei servizi televisivi che vanno in onda sui canali del gruppo francese e che si spalmerebbero anche sul continente africano. Non molto tempo fa Bloomberg aveva titolatoIl miliardario ‘French Murdoch’ sta costruendo il suo impero mediatico di destra”. Lui rispose che era solo una questione di affari.

Ma i francesi stessi si dichiararono preoccupati per una svolta troppo a destra delle testate controllate dal gruppo (per esempio con l’incarico di direttore a giornalisti dalla chiara appartenenza politica) e si erano chieste misure a protezione del pluralismo e dei media nazionali.

“Da nessuna parte Canal+ è più potente che in Africa” scriveva qualche mese fa The Africa Report. Una strategia “aggressiva” e che Reporter Senza Frontiere (RSF) ha definito il “sistema Bolloré”, che ha dato anche il titolo a un documentario.

Si parla di “massacro dell’informazione”, dell’attacco sistematico ai giornalisti che indagano sugli affari del miliardario, del modo di controllare le notizie. L’esempio più chiaro del “sistema Bolloré” – sottolinea The Continent – è la storia recente di quello che oggi è CNews, canale televisivo francese di proprietà di Canal+.

Un’indagine di Nieman Reports del gennaio di quest’anno ha monitorato come le notizie siano state sostituite con opinioni spesso estreme, creando quella che è stata soprannominata la “Fox News of France”.

Si citano “dichiarazioni sprezzanti nei confronti dei migranti”, l’invito ai musulmani di “rinunciare alla loro fede”, e si evidenzia un ruolo nel mainstreaming “delle idee di estrema destra secondo cui gli immigrati stanno prendendo il sopravvento sulla popolazione francese”.

Ovviamente il timore è che la presenza sempre più massiccia in Africa possa condizionare la società e utilizzare i media a fini di controllo e diffusione di contenuti politici creati ad hoc. Un pericolo sia per la libertà di stampa che per la democrazia.

Già in passato sono state numerose le polemiche nei confronti del Gruppo Bolloré. In Africa occidentale è stato accusato di aver violato l’etica giornalistica in almeno due occasioni, per favorire i leader in carica.

I casi sono quelli della Guinea dove Canal+ ha tagliato dalle sue offerte il segnale di alcuni canali critici nei confronti del presidente della giunta al potere, Mamady Doumbouya. E questo, secondo The Africa Report, sarebbe stato fatto su richiesta delle autorità guineane.

Altro segnale di grande influenza sugli affari africani viene dal Togo – a cui Canal+ ha recentemente dedicato un servizio giornalistico – e dove Bolloré, ha raccontato l’inchiesta di RSF, ha molti interessi commerciali.

Il magnate è attualmente sotto processo in Francia, accusato insieme ad altri due soci del Gruppo di aver corrotto il presidente Faure Gnassingbé per ottenere una lucrosa licenza di esercizio portuale.

E in Africa il gruppo si è trovato spesso a fare i conti anche con la società civile che contesta i danni all’ambiente e la violazione dei diritti umani nel contesto di operazioni di land grabbing o di realizzazione di infrastrutture.  

E pensare che gli ultimi anni i paesi della Françafrique sono stati (ed è ancora così) caratterizzati da un forte sentimento antifrancese. Nel 2022 le autorità del Mali avevano sospeso la diffusione dei principali canali francesi, Radio France International, RFI e France 24; l’anno dopo la giunta militare del Burkina Faso sospese Jeune Afrique, accusata di diffondere notizie false. Ora si troveranno a fare i conti con un gigante ancora più potente.

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