Una giornata di sciopero nazionale, oggi, per contrastare la «dequalificazione dell’attività svolta dalle commissioni territoriali e del ruolo dei funzionari amministrativi assunti per l’esercizio di funzioni di carattere specialistico» e le «insostenibili richieste di aumento dei carichi di lavoro e di accelerazione dei tempi di esame delle domande di asilo, a danno dei lavoratori e dei richiedenti asilo stessi».
Si fermano gli uomini e le donne che lavorano nelle commissioni e sezioni territoriali, e nella commissione nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale. Sottolineando la loro condizione lavorativa, il grave rischio per i diritti di asilo davanti a procedure sempre più veloci e a un carico di lavoro che non consente il tempo necessario per ascoltare le persone migranti che chiedono di rimanere in Italia.
Non è la prima volta che accade, ma in un momento in cui il governo nazionale e il parlamento europeo premono per procedure veloci che consentano rimpatri, si decide di ritornare in piazza.
Anche perché rimane ancora inevaso l’interrogativo su chi dovrà, con una velocità massima di tre mesi, vagliare le richieste delle persone migranti traghettate verso l’Albania. Paese che avrebbe dovuto veder funzionare il 20 maggio scorso i due centri previsti e il cui presidente Rama esprime perplessità sulla riuscita del funzionamento.
Da tempo le commissioni sono al collasso, sottodimensionate per numero, con un inquadramento professionale inadeguato per condizioni contrattuali, e spesso anche non qualificato visti i corsi, spesso online, di dieci giorni, per poter decidere delle vite altrui. E con una pressione elevata dal numero crescente di richieste cui dover far fronte, in cui si scontra l’aumento del carico di lavoro e la restrizione dei tempi per dover prendere in esame le domande.
Per tutte queste ragioni l’ASGI, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, esprime preoccupazione: «Nel testo diffuso dalle lavoratrici e dai lavoratori in sciopero è altresì contenuto anche un esplicito riferimento alle “pratiche di esternalizzazione delle procedure” che mettono in discussione “l’esistenza stessa del diritto d’asilo sancito dall’articolo 10 della Costituzione”».
L’associazione sottolinea come, per garantire il diritto costituzionale e la qualità e quantità delle procedure prese in esame, «occorre ribaltare, nel complesso, la logica e lo sguardo con cui i governi e le maggioranze parlamentari hanno affrontato il tema delle migrazioni transnazionali».