Un ricorso di urgenza, presentato al Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, con il sostegno delle avvocate dell’ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). Questa l’azione di un gruppo di famiglie di richiedenti asilo, abbandonati dalle forze di polizia tunisine nel deserto vicino al confine con l’Algeria, senza né acqua, né cibo, lontano da ogni centro abitato.
La storia risale ai primi di maggio, quando circa 500 persone migranti da tempo accampate a Tunisi, davanti alle sedi dell’UNHCR e dell’OIM, vengono prese di peso, trasportate in bus e lasciate oltre il confine nazionale, alcune in Libia, altre in Algeria, in altri casi in zone rurali, tutte distante dai centri abitati. Tra loro, donne, bambine e bambini, spesso piccolissimi.
Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite da tempo ha ordinato al governo di Kais Saied di fornire assistenza umanitaria a chi è in attesa di risposta alla domanda di asilo, di proteggere queste famiglie, già fragili, da espulsioni e violenze. Di fatto avviene il contrario, da tempo. Finanziate con soldi europei, avvengono deportazioni arbitrarie e violazioni dei diritti umani in Tunisia.
È stato lo stesso gruppo che ora presenta il ricorso d’urgenza ad aver chiesto, ancora a maggio, tramite il Comitato, un’assistenza umanitaria e medica, ma nessuna richiesta ha trovato risposta. Peggio, diverse persone, all’indomani dell’esposto, sono state arrestate e detenute per circa una settimana, per poi essere processate e condannate per ingresso irregolare in Tunisia.
Storie che si ripetono da tempo e che, commenta l’ASGI in un comunicato, riguardano anche il nostro paese: «L’Italia, nonostante le deportazioni di massa, gli arresti di esponenti della società civile, non ha condannato la condotta del governo tunisino, ma, al contrario, ha confermato di ritenere la Tunisia un paese di origine sicuro e continua a sostenere politicamente ed economicamente i dispositivi di controllo della mobilità messi in atto dal governo di Saied».