Centinaia di mine terrestri mortali e ordigni inesplosi ricoprono ancora parti della Libia dopo anni di combattimenti, rappresentando un pericolo costante per i civili, soprattutto i bambini, anche molto tempo dopo la fine del conflitto.
Ne sono saltati in aria tre anche pochi giorni fa alla periferia sud di Tripoli area di tutte le guerre dal 2011 ad oggi.
Le piccole vittime
Nonostante la relativa calma tornata nel paese dopo il conflitto civile di 4 anni fa a Tripoli, le Nazioni Unite affermano che più di 400 persone, tra cui 26 bambini, sono rimaste ferite o uccise dal 2019 in incidenti legati a ordigni esplosivi rimasti.
AFP racconta la storia di Mohamed Farhat, 10 anni: stava giocando con gli amici in un giardino quando i bambini hanno raccolto quello che pensavano fosse un pezzo di metallo.
«Pochi secondi dopo, una forte esplosione ci ha gettati a terra», ha detto all’AFP il suo amico Hamam Saqer, 12 anni, ricoverato con i piedi gravemente feriti nell’esplosione.
La Libia sta ancora lottando per riprendersi da anni di guerra e caos dopo il rovesciamento di Gheddafi nel 2011, con scontri periodici tra la sua miriade di gruppi armati rivali.
Esplosivi nei giocattoli
Il governo di Tripoli, legittimato dall’ONU, e le forze del generale Haftar che controllano l’est del paese, hanno combattuto una sanguinosa battaglia per il controllo della capitale tra l’aprile del 2019 e il giugno del 2020. Le forze di Haftar non sono mai riuscite a entrare nel cuore di Tripoli, rimanendo alla periferia.
Prima di ritirarsi, però, hanno piazzato mine antiuomo nelle case, secondo i residenti e gli sminatori anche italiani, che affermano di aver trovato i dispositivi ovunque, dai giocattoli alle pentole e ai servizi igienici.
Il “lascito” di Wagner
Secondo un rapporto del 2023 del Dipartimento di Stato americano, il Gruppo Wagner, sostenuto dalla Russia, schierato in Libia a sostegno delle forze di Haftar, ha anche piazzato «mine terrestri e trappole esplosive» nell’area «mentre si ritirava dalla periferia di Tripoli».
Secondo la missione delle Nazioni Unite in Libia, è stato bonificato circa il 36% delle aree della Libia disseminate di mine e ordigni. Ma altri 436 milioni di metri quadrati rimangono non “ripuliti”.
Un funzionario del ministero della difesa ha rivelato all’Afp che se la stabilità e un governo unito tornassero nel paese nordafricano, ci vorrebbero «dai cinque ai dieci anni per sbarazzarsi degli ordigni inesplosi rimasti».
Onu rinnova l’embargo di armi
Altra notizia che arriva dalla Libia: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di rinnovare per un altro anno le misure volte ad attuare l’embargo sulle armi contro la Libia.
Si chiama invece IRINI, la missione dell’Unione europea che dovrebbe impedire lo sbarco di armi nel paese nordafricano.
Al di là dei proclami, i successi sono stati scarsi.