A un governo di unità nazionale, un’opposizione di unità nazionale. Si potrebbe anche leggere sotto questa lente, la nuova alleanza di partiti di opposizione che si è appena costituita nel neo eletto parlamento del Sudafrica per contrastare l’altrettanto nuova coalizione di governo. Sul finire della settimana scorsa infatti, dopo giorni di negoziati e trattative, l’African National Congress (ANC) che guida il paese da 30 anni ha siglato un accordo per la creazione di un esecutivo con gli storici rivali delle Democratic Alliance (DA), partito caro agli industriali e forte soprattutto fra la classe media bianca, e l’Inkhata Freedom Party (IFP), formazione che rappresenta soprattutto gli interessi della popolazione di lingua zulu. Oggi si sono aggiunti anche il partito su ispirazione nazionalista Patriotic Alliance (PA) e la piccola formazione di centro-sinistra Good.
L’intesa ha permesso il raggiungimento di una maggioranza all’Assemblea nazionale che fosse in grado di esprimere presidente, speaker e vice speaker del parlamento. Alle elezioni generali dello scorso 29 maggio infatti, l’ANC ha perso la maggioranza assoluta per la prima volta dalla fine dell’apartheid , nel 1994.
Come ampiamente previsto, a essere eletto presidente è stato il leader uscente Cyril Ramaphosa. La riconferma è arrivata grazie al voto di 283 deputati su 400. Secondo classificato, Julius Malema, leader degli Economic Freedom Fighters (EFF) che ha avuto 44 preferenze. Gli EFF sono una formazione su posizioni populiste di sinistra e sono tradizionalmente vicini all’ANC, da cui si sono scissi nel 2013. Alle elezioni l’EFF è stato il quarto partito più votato col 9% del consenso.
Il caterpillar Zuma
La decisione dell’ANC di optare per un alleato più moderato e meno problematico per industriali e alleati occidentali ha spinto gli EFF a entrare a far parte del cosiddetto Progressive caucus, traducibile come “assemblea progressista”, un’alleanza di formazioni che ha deciso di unirsi per contrastare l’esecutivo di maggioranza. Questa piattaforma politica è per adesso composta da altri cinque partiti e può contare sul 13% dell’Assemblea Nazionale. Proporzione destinata però a salire, visto che è notizia di queste ultime ore la decisione di unirsi a questa coalizione del Umkhonto we Sizwe (MK), forte del terzo miglior risultato al voto del 29 maggio col 14,5% delle preferenze e di 58 parlamentari.
L’MK porterà in dote poi un peso specifico particolare. Quello del suo leader de facto Jacob Zuma, controverso ex presidente del Sudafrica fra il 2009 e il 2018. Zuma non può essere eletto in Assemble Nazionale per via di passate condanne al carcere ma è comunque il rappresentante e insieme il megafono dell’MK, partito che è nato nel settembre scorso ma che si è scelto come nome quello dell’ala paramilitare dell’ANC durante la lotta di liberazione, di cui pure Zuma ha fatto parte.
«Non esiste alcun governo di unità nazionale in Sudafrica», ha scandito Zuma annunciando la decisione del suo partito. «Esiste un’alleanza empia guidata dai bianchi tra le DA e l’ANC del Ramaphosa. Una formula sponsorizzata dalle grandi imprese e a vantaggio dei mercati e non delle persone».
Zuma ha annunciato anche la prossima creazione di non ancora ben specificato «fronte patriottico» che agirà anche fuori dal Parlamento, mentre la campagna di boicottaggio del nuovo governo da parte dell’MK prosegue su più binari. Il partito di opposizione ha tentato di bloccare la prima sessione del Parlamento lo scorso venerdì ma si è visto respingere il tentativo dalla Corte costituzionale. L’MK ha anche espresso l’intenzione di chiedere ufficialmente all’emittente pubblica SABC di smettere di usare la dicitura “governo di unità nazionale” per l’esecutivo a guida ANC.
Parole e rumore, elementi a cui Zuma ha abiyuato i sudafricani da sempre e in modo particolare negli ultimi mesi, quando a mancargli è stato il grande potere politico che ha a lungo detenuto nelle sue mani. L’esito del lavoro sul campo è un po’ diverso però: l’MK non è riuscito a costituire un’alleanza di governo neanche nella provincia del KwaZulu-Natal, roccaforte del consenso dell’ex presidente dove il partito ha ottenuto ben il 45% dei voti. Al momento di mettere su un’alleanza che potesse recuperare il 5% che lo divideva dalla maggioranza necessaria per governare però, ogni tentativo è fallito.