Non é bastata la cancellazione di fatto della legge finanziaria che ha suscitato l’opposizione del paese a calmare gli animi. Molti tra i giovani che hanno organizzato la protesta hanno perso fiducia in un possibile cambiamento di linea dell’attuale governo del Kenya e ora chiedono le dimissioni del presidente.
“Ruto must go” è stato lo slogan più scandito dai dimostranti nelle manifestazioni di giovedì, 27 giugno, il giorno dopo il discorso in cui il presidente ha comunicato alla nazione di aver rimandato al parlamento la legge con la raccomandazione di abrogarne tutti gli articoli. I giovani sono scesi numerosi nelle strade di diverse città nonostante il dispiegamento dell’esercito, autorizzato dalla Corte Suprema che ha peró chiesto al governo di precisare, nell’arco di due giorni, i termini e i tempi del provvedimento. I dimostranti hanno sfilato di fianco a mezzi corazzati e a camionette cariche di militari armati. Tutte le vie che portavano alla State House, la residenza ufficiale del presidente, meta del corteo di Nairobi, erano sbarrate, mentre dalle prime ore del mattino la città era sorvolata da elicotteri che, con il loro incessante ronzio, contribuivano ad aumentare la tensione già fin troppo alta.
Ma, per fortuna, la giornata si é conclusa senza far registrare incidenti paragonabili a quelli delle manifestazioni di martedì, 25 giugno, quando, secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, almeno 53 persone hanno perso la vita. Ma gas lacrimogeni e idranti sono stati usati ancora senza risparmio.
Le istanze della protesta
Dalle prime ore del mattino il movimento GenZ ha fatto circolare attraverso i social media una dichiarazione in cui elenca i motivi per cui alza il tiro delle sue richieste al governo. Vi si dice che il ritardo nella risposta, la violenza con cui sono state affrontate le dimostrazioni pacifiche, l’arroganza dei parlamentari hanno determinato la loro decisione di “passare il Rubicone” come fece Alessandro Magno (invece di Giulio Cesare, ma pazienza, in fondo non è la loro storia).
Il cuore del documento analizza i problemi che sono alla base del malcontento dei keniani, e dei giovani in particolare.
Chiariscono che la loro protesta non é tanto per la legge finanziaria ma soprattutto per la struttura socio-economica del paese. «… abbiamo un problema con i sistemi post coloniali e le strutture che hanno operato nel paese negli ultimi 61 anni. Queste strutture hanno creato una società squilibrata di chi ha e chi non ha. Ci chiediamo come sia possibile che una popolazione con un alto tasso di scolarizzazione languisca in povertà mentre un piccolo gruppo di elité controlli più del 90% della nostra economia.»
Il documento puntualizza anche che la ricchezza non è mai relazionata al lavoro onesto e qualificato e che il merito non conta niente. «Il nostro paese ha portato la pratica del clientelismo ad un tal punto che le qualifiche non contano per niente». Infine GenZ sottolinea la spudorata esibizione di opulenza della leadership a fronte del totale disprezzo dei bisogni della gente. «Un tale comportamento, proveniente da un governo che impone misure di austerità, dice tutto».
Dopo aver ancora rimarcato l’arroganza della leadership che contornava il presidente durante il suo discorso e la mancanza di ogni accenno su come affrontare la corruzione, l’appropriazione indebita delle risorse comuni di diversi membri della leadership del paese, Gen Z conclude affermando, rivolgendosi direttamene al capo dello stato: «Non siamo convinti dell’onestà della tua dichiarazione. Le tue concessioni sono state fatte in malafede”. Da qui quindi, la richiesta di dimissioni del presidente.
Una presa di posizione basata su un’analisi molto netta che, per la verità, corrisponde al giudizio di molti keniani, finora tenuti a bada nell’esprimerlo pubblicamente da un sentimento di appartenenza tribale che, con il movimento di questi giorni, sembra saltato. È una grande novità per il paese che fa pensare ad una evoluzione radicale nel modo di intendere il far politica e che potrebbe essere di esempio, dicono diversi analisti, anche per i giovani di altri paesi del continente e della regione.
Via i corrotti
A riprova che il movimento della Gen Z non intende fermarsi alle affermazioni di principio, ha presentato al governo un elenco di provvedimenti ritenuti necessari per poter cominciare a dialogare. Alcuni riguardano il governo stesso: rimuovere i ministri corrotti; fare un audit dello stile di vita dei funzionari governativi (in relazione agli stipendi percepiti); rivedere lo stipendio dei parlamentari; ridurre gli sprechi del governo, inclusi i fondi per i viaggi (ultimamente molto chiacchierate sono state le spese di viaggio del presidente). Altre sono relative a voci di bilancio della legge finanziaria che avevano destato commenti molto negativi: abolire i cospicui fondi assegnati alle mogli del presidente e del vicepresidente (che non hanno un ruolo istituzionale nell’ordinamento del paese). Un punto riguarda l’abolizione della trattenuta sullo stipendio per la costruzione di case a basso prezzo, molto contestata perché, in genere, i keniani non credono che questi fondi speciali possano essere gestiti in modo utile e trasparente dalla loro leadership.
Ma la richiesta forse più significativa, e anche quella che ha più probabilità di essere accolta, è stata rivolta a Martha Koome, presidente della Corte Suprema, perché affretti la ricostituzione della commissione elettorale (Indipendent Electoral and Bounderies Commission, IEBC) e apra la registrazione dei votanti per permettere ai giovani di partecipare fin da subito a tutte le fasi del processo elettorale.
Un bel segnale: i giovani, d’ora in poi, vogliono essere protagonisti della vita politica del paese. A giudicare dalle istanze espresse dal movimento in queste settimane, la loro partecipazione potrebbe davvero contribuire a renderlo piú equo dal punto di vista economico e a trasformarlo anche dal punto di vista socio-culturale.